Il cattolico Joe Biden testimone coraggioso e i cattolici allarmati
31 Gennaio 2021
Cari lettori, immaginate il presidente Mattarella, nel suo intervento di fine anno. Giornalisti, fotografi, televisioni, tutti pronti sull’attenti, come le reclute nel giorno del giuramento. Non manca nessuno. L’attenzione è al massimo, non bisogna lasciarsi scappare neppure i dettagli della pettinatura, perché poi bisognerà sentire i politici e decidere con loro se è stato bravo o meno.
A questo punto, immaginate che il Presidente, cattolico praticante convinto, citi Sant’Agostino per parlare della dignità della persona umana, il servizio al bene comune come prima giustificazione della politica, il valore della democrazia nella protezione della dignità umana, l’uguaglianza delle persone, la virtù della solidarietà. Principi che sono al fondamento della Dottrina sociale della Chiesa. Poi immaginate ancora che egli parli della verità, perché solo la verità unisce, mentre le opinioni dividono e favoriscono la rissa sociale e politica. Immaginate che per dieci volte, nel suo intervento faccia riferimento a Dio e infine chieda un minuto di preghiera silenziosa per gli ottantacinquemila morti italiani a causa del Coronavirus. Minuto che si conclude con un Amen a voce alta.
Questa la prima parte del film. Lascio a voi immaginare il copione della seconda. Di solito si dice che nel caos di certe situazioni volano gli stracci. Ma in questo caso si tratterebbe di eufemismo, perché a quest’ora il presidente saai rebbe già sotto accusa per attentato alla Costituzione, violazione della laicità, subordinazione alla Chiesa e al Vaticano, ingerenza teocratica nella legislazione civile… Torme di studenti sarebbero in piazza a ribadire la laicità della scuola, a dire basta al finanziamento della scuola non statale (per l’occasione ribadita come scuola dei preti).
Con un sussulto d’orgoglio tornerebbero nelle Procure i no-Crocifisso insieme no-Vax, convinti che i vaccini siano il frutto della lobby cattolica che gioca sporco nel nome della solidarietà. In realtà per farci l’affare. Questo succederebbe in Italia. Di fatto lo scenario ipotetico è la messa in onda di quanto è accaduto negli Usa, il giorno del giuramento del nuovo presidente. Da notare che nessun americano ha trovato da ridire davanti a questi pensieri, che tirano in ballo Dio, come orizzonte di riferimento primario.
Ho detto tutti d’accordo, ma non è così. E purtroppo a metterci la faccia (e a perderla a mio modo di vedere) è stata una parte dell’episcopato americano. Scrive il Presidente dei Vescovi, il giorno dopo l’elezione: “… si deve sottolineare che Joe Biden si è impegnato a perseguire determinate politiche che promuoveranno i mali morali e saranno contrarie alla vita e alla dignità umana, soprattutto nelle aree dell’aborto, della contraccezione, del matrimonio e della questione del genere”. Poco male come benvenuto, peraltro non condiviso da un’altra consistente parte dell’episcopato.
Quando si ragiona di Chiesa e politica mi pare che riaffiorino dibattiti vecchi come il cucco. Era il III secolo quando il teologo Origene predicava la demonizzazione dello Stato quando le sue leggi non erano conformi al Vangelo, mentre il suo coevo, Eusebio di Cesarea identificava l’universalismo cristiano con il potere romano, ponendo le basi per fare della Chiesa l’impero dei secoli a seguire. Con gli esiti che sappiamo tutti. Mi chiedo se come cristiani la nostra frontiera sia quella degli schieramenti ideologici, o non piuttosto quella di una libertà che ci rende testimoni gioiosi e coraggiosi, capaci di discernere e, se il caso, fare di volta in volta obiezione di coscienza, come fu all’inizio del cristianesimo. Questo oltretutto eviterebbe di trarre in confusione i cristiani, tirandoli di qua o di là, su posizioni partitiche più che evangeliche. Sempre che la perdita di Trump non sia stata percepita come il tramonto doloroso di un nuovo Mosé.