Il lavoro va creato e difeso
Dar vita a tanti “laboratori” per ripartire
di Edoardo Patriarca
Ho celebrato la Festa del lavoro, lo scorso 1° maggio, al Quirinale, nella cerimonia ufficiale alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in qualità di presidente dell’Associazione Nazionale Lavoratori Anziani (Anla). Volentieri condivido con i lettori di Notizie alcuni passaggi del mio intervento che si inseriscono nel percorso di approfondimento avviato dal settimanale sui temi suggeriti dalla prossima Settimana Sociale dei cattolici.
Il lavoro è la persona: quante volte come Associazione lo abbiamo scritto e testimoniato. Ed è per questo che il lavoro o è degno o non è lavoro, sono troppi i casi di cronaca, anche recenti, che raccontano lavori troppo indegni. Non possiamo più utilizzare parole di per sé positive nei loro significati per nascondere realtà e situazioni nelle quali sono traditi i diritti. Parole come flessibilità, merito, competitività, innovazione sono oggi strategiche per la ripresa, a condizione che vengano ben governate e non mascherino, come accade in alcuni settori, situazioni di precarietà e incertezza, disuguaglianze e retribuzioni ingiuste. Un sistema economico è competitivo se investe nel capitale umano, nelle tecnologie digitali, nella creatività, nella curiosità, nel rispetto dei diritti, nell’intelligenza animata dallo spirito di cooperazione.
Il lavoro è la persona, il lavoro è impresa, vive di imprese, private, pubbliche, sociali, cooperative. Le imprese tuttavia, ci riferiamo in particolare a quelle socialmente responsabili e orientate al bene comune, hanno bisogno di un ecosistema favorevole, a partire dalla valorizzazione delle vocazioni imprenditoriali, soprattutto giovanili spesso costrette ad emigrare perché trascurate o non visibili ad un sistema economico che appare sordo e cieco. Un ecosistema favorevole necessario, dunque, per stimolare lo spirito d’intraprendenza a nostro parere rattrappito da troppo tempo: è questo il terreno sul quale si misurano la forza ideale e la capacità di tutti i soggetti economici e sociali, quello spirito e quella tenacia che hanno reso possibile il miracolo italiano degli anni ’60.
Il lavoro è la persona, le persone tutte, sono le donne in particolare, da sempre penalizzate in termini di accesso e di retribuzioni, costrette a scegliere tra lavoro e maternità, scelta inaccettabile come quella che vuole contrapporre artatamente il diritto al lavoro al diritto alla salute. Uno spreco immenso di energie, di competenze e professionalità, e un inevitabile impoverimento progettuale delle famiglie che ha portato il Paese ad un vero e proprio inverno demografi co. Al contrario un lavoro dignitoso per le donne, cioè giusto, onesto, assistito dalle opportune tutele istituzionali consente alle coppie di essere generative.
I lavori sono tutti degni: per troppi anni il lavoro di cura, e nei servizi in generale, è stato abbandonato a se stesso, mal pagato, poco qualificato perché ritenuto l’ultimo tassello di un sistema economico fondato soprattutto sulla centralità della produzione di beni materiali. Siamo sopravvissuti alla pandemia per l’impegno, la dedizione e il coraggio di milioni di lavoratori e lavoratrici che ci hanno “servito” e tutelato nei periodi di chiusura.
Ogni lavoro è sempre espressione di un sapere, anche se il pensiero mainstream di certa economia ci ha indotto a pensare che i lavori “semplici” possano essere svolti senza formazione e senza apprendistato, insomma attività di poco valore e non meritevoli di riconoscimento sociale. Non è così, tutti i lavori hanno pari dignità.
Il lavoro dunque va creato e difeso nella sua dignità, esso si nutre di formazione continua, del trapasso nozioni tra le generazioni, anche delle competenze che si acquisiscono sul campo: il lavoro in gruppo, la capacità di progettare e darsi obiettivi, la flessibilità virtuosa, la resilienza di fronte alle difficoltà… competenze che si acquisiscono in “laboratori” come l’alternanza scuola-lavoro, tirocini e stage, l’apprendistato duale, il servizio civile nelle organizzazioni non profit, garanzia giovani, tutte opportunità che se ben progettate possono avvicinare anzitempo il mondo della formazione a quello delle imprese. Nondimeno va ridotto il disallineamento, il mismatch, tra competenze e offerta di lavoro e rafforzato il sistema di politiche attive finalmente capace di far incontrare domanda e offerta.
Per concludere riprendo un passaggio dell’intervento del Presidente del Consiglio Draghi alle Camere durante la presentazione del PNRR, un passaggio che coglie lo spirito associativo con il quale viviamo questa stagione complessa eppure portatrice di opportunità di trasformazione inaspettate: “Sono certo che l’onestà, l’intelligenza, il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, la stupidità, gli interessi costituiti. Questa certezza non è sconsiderato ottimismo, ma fiducia negli Italiani, nel mio popolo, nella nostra capacità di lavorare insieme quando l’emergenza ci chiama alla solidarietà, alla responsabilità.”
L’Associazione Nazionale Lavoratori Anziani ha nella sua pluralità un punto di forza: è costituita da persone che pur ricordando il lavoro svolto non sono ripiegate su se stesse, ma piuttosto impegnate a donare i saperi e le competenze maturate nel tempo nell’incontro con i giovani, nel colloquio fra generazioni nelle imprese, nel welfare aziendale, nell’animazione culturale. Siamo orgogliosi di appartenere al Terzo settore sempre più strategico, siamo orgogliosi di servire da volontari il nostro Paese.