«Il mio regno non è di questo mondo»
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 21 Novembre 2021
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Commento
Il vangelo di questa domenica è un brano della passione secondo Giovanni nel quale Gesù è interrogato da Pilato circa la sua identità. Tutti i vangeli riportano la domanda di Pilato ma solo Giovanni ne fa un dialogo articolato, che ha lo scopo di segnare un punto definitivo sulla rivelazione della regalità di Gesù.
Si noti che Gesù non accetta un dialogo tra accusatore e accusato ma imposta un confronto da uomo a uomo: anche in questo caso non smette di vedere nel suo interlocutore un essere umano da incontrare nella sua interezza, da sollecitare in profondità, tanto che Pilato finisce per affrontare una delle grandi questioni della filosofia cioè la verità. Quest’anomalo interrogatorio verte sulla questione se Gesù pretenda o no di essere un re, se questo sia il suo progetto, cosa che sarebbe stata pericolosa per il governatore romano.
Il breve dialogo è pieno d’incomprensioni perché naturalmente i due interlocutori parlano linguaggi diversi e sono concentrati su differenti aspetti della vita. Alla fine Gesù riconosce di essere re, ma aggiunge che il suo regno non è di questo mondo. Pilato non deve temere la concorrenza di Gesù perché il suo regno viene da Dio e si fa largo nel cuore degli uomini.
La regalità di Gesù in questo caso, più ancora che a una messianicità davidica, si ricollega a quella di YHWH nell’Antico Testamento che chiede fedeltà e ascolto della sua Parola. Le ultime parole di Gesù nel vangelo di oggi sono «chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» e da quella entra nel mistero nascosto da tutta l’eternità, rivelato nell’uomo Gesù, il Figlio del Padre.
In effetti, i vangeli ci testimoniano che al centro della predicazione di Gesù c’era il Regno di Dio. Le prime parole di Gesù invitano a convertirsi perché il regno dei cieli è vicino e i tempi sono maturi per scegliere da che parte stare. La presenza stessa del figlio di Dio realizza questa vicinanza e ci sono dei segni evidenti: le sue parole ispirate e potenti, i miracoli, gli esorcismi, la misericordia verso i peccatori. In Gesù il Padre si fa vicino e si mostra con un’incondizionata volontà di bene, che presto s’imporrà nella storia.
Entrare a far parte di questo regno significa lasciarsi contagiare da questa volontà di bene e abbandonare ogni pretesa di accaparrare per sé più vita possibile. Ne scaturisce una vita piena di semplice gioia che accetta la sfida di portare la pace in tutte le situazioni che incontra. Il regno di cui parla Gesù non sopporta di essere instaurato e mantenuto con la violenza.
Infatti il regno di Dio viene come un dono, si fa strada con le sue forze e l’uomo può solo gioirne e accoglierlo. Chiunque decide di farne parte deve fare spazio dentro di sé abbandonando vecchi egoismi e tristi sicurezze ma subito si rende conto di ricevere il centuplo in una pienezza di vita sempre nuova. Il regno di Dio si compirà alla fine dei tempi ma è già presente oggi. I segni sono ancora quelli che faceva Gesù: combattere il male in tutte le forme in cui si manifesta, guarire gli uomini dalle malattie che li intristiscono e li isolano, perdonare e lavorare ostinatamente per la crescita dei fratelli e in ogni situazione costruire la pace e far crescere la speranza.
In questo modo si riconosce anche la verità di Gesù che ha sempre la forma di una testimonianza, cioè una realtà che passa attraverso la vita. Proprio in questo dialogo con Pilato, Gesù mostra quanto la sua regalità sia diversa da quella di un re del mondo. I regni della terra conquistano territori e li difendono con gli eserciti, fanno uso di violenza e anche Gesù dice che «se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei».
Ma il Regno di Dio non tollera di essere associato alla violenza, l’annuncio del Padre misericordioso svanisce se mescolato a gesti di non amore: così Gesù diventa veramente re quando, rimanendo fedele a una vita di amore al Padre e ai fratelli, accetta la morte in croce e mostra la sua potenza quando dopo tre giorni risorge.
Verità: nell’Antico Testamento la parola che traduciamo con «verità» deriva dal verbo aman (dal quale viene la parola amen) che significa «essere solido», «essere costante e fedele». La verità di Dio, è la fedeltà alle sue promesse. Per Gesù la verità è la pienezza della rivelazione del Padre espressa nelle sue parole e nella sua vita: egli è venuto per «dare testimonianza alla verità».
Pilato e la verità: il dialogo termina al versetto 38a (non riportato oggi) in cui Pilato esce di scena dopo aver detto: «che cos’è la verità?». Più che una vera domanda è un’ammissione di scetticismo, coerente con una corrente filosofica molto diffusa all’epoca che considerava la verità fondamentalmente inattingibile.