Don Venturelli: l’omicidio, i partiti e il Vescovo
Le reazioni nella chiesa e nella società all’indomani dell’uccisione del “prete di Fossoli”.
di don Carlo Truzzi
L’assassinio di don Venturelli, avvenuto martedì 15 gennaio 1946, ebbe un’eco anche nazionale. Alla Costituente il capo del governo, Alcide De Gasperi, fra i disordini dilaganti citò anche il delitto di Fossoli. Il ministro Gasparotto e altre importanti autorità espressero le condoglianze al Vescovo.
Anche l’Amministrazione Comunale di Carpi fece affiggere un manifesto di deplorazione. Fu soprattutto sulla stampa locale che si accese un forte dibattito sulle responsabilità. Il periodico quindicinale della Democrazia Cristiana provinciale fu il primo a uscire il 26 gennaio con l’articolo Ancora un delitto. La misura è colma. Dopo aver riferito l’intimidazione del 13 gennaio apparsa su
La voce del partigiano contro don Venturelli e qui riprodotta, argomentava: “Fino a prova del contrario, siamo autorizzati a denunciare La Voce del Partigiano e coloro che la dirigono quali autori morali dell’assassinio di don Venturelli e come tali li inchiodiamo alla gogna. Ad altri il compito, se ne hanno la voglia e il coraggio, di indagare se sussistano responsabilità di diverso genere”.
Il 18 gennaio L’Avvenire d’Italia aveva reagito con un editoriale del direttore Raimondo Manzini. Sotto il titolo “La battaglia dell’ordine” citava il caso di Fossoli, riportando il manifesto affisso dalla Democrazia Cristiana di Carpi. Il periodico di Modena.
La voce del Partigiano, ufficialmente CLN, ma in realtà diretto dai socialcomunisti, cercava di indirizzare la responsabilità su elementi nazifascisti, non riportando tuttavia né prove né minimi indizi. “Che fatti voi avete? Nessuno, ma semplici correlazioni immaginative, perché noi vi stimiamo abbastanza per sapere che non ci risparmiereste, solamente se ve ne prestassimo il fianco… continua a leggere.