Narrare è un atto creativo
di Brunetto Salvarani
Il Papa visita la sinagoga di Roma (2016). ph Siciliani Gennari – SIR
C’è una storia raccolta da Jirí Langer, ebreo praghese amico di Kafka, contenuta nel volume Le nove porte: “In una yeshivà (la scuola talmudica) un giovane allievo, un po’ sprovveduto e proveniente da lontano, sin dai primi giorni di insegnamento si segnala per una strana caratteristica. Non appena il maestro, volendo introdurre la lettura della Torah, pronuncia le parole: ‘E Dio disse’ (il ritornello del primo capitolo di Genesi), egli si mette a danzare e, correndo vorticosamente su e giù nel cortile della scuola, non smette di ripetere come un folle: ‘E Dio disse’, ‘E Dio disse’. In tal modo non riesce che a seguire pochi attimi della lezione. Eppure questo gli è sufficiente”. “E Dio disse”!
L’ingenuo studente aveva colto, in realtà, il senso profondo di quelle tre parole, che racchiudono l’evangelo più stupefacente mai udito dal cosmo: YHWH parla, e il suo narrare è meravigliosamente creativo. Attraverso la sua parola Egli crea, e fa buono (e bello, secondo l’originale ebraico tov) tutto ciò che plasma. Tuttavia l’agire di YHWH si concretizza tramite un racconto, ancor prima che con un gesto. Inoltre, non è creativo solo di un mondo: è creativo di un popolo, quello che diverrà Israele quando, ai piedi del Sinai, non vide immagine alcuna, e “vi era soltanto una voce” (Dt 4,12).
Quel ragazzo della yeshivà aveva intuito che il compito dell’uomo è fare memoria delle meraviglie di Dio, raccontando a sua volta che YHWH ci ha parlato. Ha scritto papa Francesco nel messaggio firmato per la cinquantaquattresima giornata delle comunicazioni sociali (2020), intitolato “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2)…continua a leggere oppure abbonati qui.
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