Anche la relazione è cura
I familiari fuori dagli ospedali, servono nuove regole.
di Luigi Lamma
Celebrare la “Giornata del malato” (11 febbraio) nel secondo anno di pandemia si accompagna inevitabilmente ad un assommarsi quasi turbolento di temi, di attenzioni, di criticità e di esempi virtuosi che, direttamente o indirettamente, hanno toccato l’esperienza di tutti, personale sanitario, malati e famiglie. Si può partire considerando la condizione di medici, infermieri e operatori impegnati in prima linea negli ospedali e sul territorio e insieme a loro tutta l’organizzazione della sanità ormai da due anni sotto pressione e con poche opportunità di ricambio.
Non da meno preoccupa l’“effetto covid” sulle prestazioni sanitarie, il generale rallentamento della specialistica, delle visite di controllo per i malati cronici, degli screening di prevenzione. E’ quanto fanno notare le società scientifiche e le associazioni dei pazienti. Poi ci sono i degenti negli ospedali e i familiari impossibilitati a stare loro vicini anche in situazioni particolarmente critiche come il post operatorio o urgenze o terminali.
E’ su questo punto che si sofferma anche il messaggio per la “Giornata del malato 2022”: “Come non ricordare, a questo proposito, i numerosi ammalati che, durante questo tempo di pandemia, hanno vissuto nella solitudine di un reparto di terapia intensiva l’ultimo tratto della loro esistenza, certamente curati da generosi operatori sanitari, ma lontani dagli affetti più cari e dalle persone più importanti della loro vita terrena?”.
Un’affermazione che, pur restando tuttora attuale, necessita di una visione più ampia degli effetti causati dall’emergenza covid-19 negli ospedali, con l’aumento dei ricoveri e dei contagi, anche se proprio in questi giorni si registra una leggera flessione. Purtroppo è capitato che non solo i pazienti in terapia intensiva hanno dovuto compiere “l’ultimo tratto della loro esistenza lontani dagli affetti dei loro cari” e tutti i pazienti ricoverati stanno soffrendo le limitazioni alle visite dei parenti.
Quello del blocco delle visite dei familiari ai degenti negli ospedali e nelle RSA è una criticità ancora irrisolta dopo due anni di pandemia e l’organizzazione sanitaria fatica ad adottare le necessarie contromisure per superare quella che appare una prassi non coerente con gli obiettivi di umanizzazione delle cure che anche in un contesto di emergenza sanitaria non dovrebbero venire meno. Perché anche le relazioni curano.
Ha suscitato scalpore il caso del giovane di 23 anni morto da solo in un ospedale fiorentino, poi l’esperienza personale raccontata dalle pagine del Foglio dal giornalista Alessandro Ferri che in un tweet aveva commentato “morire da soli, come è capitato a mia nonna martedì, è disumano”, infine le segnalazioni per le difficoltà di accesso negli ospedali della nostra provincia e regione, anche qui con una variabilità di interpretazioni, pongono la questione come primaria e urgente. Ad esempio alla luce delle disposizioni emanate il 31 dicembre scorso da Azienda Usl di Modena e Azienda Ospedaliera Policlinico negli ospedali “l’accesso ai reparti No-Covid sarà quindi limitato ad alcune eccezioni: pazienti minorenni, accompagnatori di pazienti con disabilità grave riconosciuta e persone con specifiche necessità di assistenza (ad esempio potrà entrare in sala parto una persona di riferimento per assistere la partoriente)”.
Un provvedimento che è auspicabile possa venire modificato quanto prima sia per ripristinare questo diritto dei degenti e dei loro familiari sia per alleviare un ulteriore carico di lavoro per medici, infermieri e operatori chiamati comunque ad assicurare le informazioni ai parenti e a far da tramite per i bisogni dei ricoverati. Indispensabile l’attenzione a garantire la massima sicurezza di degenti e operatori ma occorre trovare formule più equilibrate che tengano conto dell’ampia copertura vaccinale della popolazione e il ricorso a dispositivi di protezione adeguati.
Ora con la curva pandemica in evidente flessione è lecito attendersi in tempi brevi nuove indicazioni per rendere, sempre attentamente monitorato ma più flessibile, l’accesso dei parenti negli ospedali.