«Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!»
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 13 marzo 2022
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Commento
Il racconto della trasfigurazione fa parte di una sezione del vangelo di Luca che comprende la confessione di Pietro con la prima predizione della passione (Lc 9,18-22), insegnamenti su come seguire Gesù (Lc 9,23-27) e appunto la trasfi gurazione. Lo scopo di questi testi è far capire chi è Gesù e come vivono i suoi discepoli. Tutti i sinottici riportano il racconto della trasfigurazione ma solo Luca lo inserisce in un momento di preghiera.
Gesù sale su una montagna a pregare. Sapere che Gesù si preoccupava di trovare tempi di solitudine e raccoglimento ci porta ad avere un’idea alta della preghiera, che è prima di tutto un momento vitale d’intimità e comunione col Padre, dalla quale scaturisce la vera comprensione della nostra esistenza. Quello che succede dopo è quasi la risposta di Dio alla preghiera di Gesù. Nei segni del volto e della veste si manifesta la gloria di Dio. Luca non parla di trasfigurazione ma si concentra sul volto di Gesù: alla lettera il testo greco dice «l’aspetto del suo volto divenne altro», quell’alterità tipica della santità divina che gli uomini non possono vedere ma che in Gesù diventa incontrabile. Le vesti diventano bianche: il bianco nella letteratura biblica è il colore delle realtà divine, della resurrezione ed anche simbolo di gioia e di festa.
Mosè ed Elia sono con Gesù in questa visione e Luca specifica di cosa stanno parlando: dell’esodo di Gesù, cioè dei suoi giorni di passione e resurrezione a Gerusalemme. Tutto questo è la gloria di Dio e di Gesù. Lo splendore della santità di Gesù e la croce sono strettamente collegati perché in questo si mostra il senso profondo di un Dio che si dona, appunto la sua gloria.
I tre amici di Gesù, Pietro, Giacomo e Giovanni, sono oppressi dal sonno ma poi vedono la scena e intuiscono e colgono la bellezza di tutto questo. Nella bellezza si vorrebbe fermare il tempo ma, se anche fosse possibile, non sarebbe una decisione saggia. Pietro non sapeva quello che diceva, perché non si può catturare Dio, la vita, la bellezza: bisogna lasciarla fluire.
Lo splendore di Gesù è invece un’anticipazione della gloria di Pasqua che vuole rafforzare i discepoli in vista dei giorni della passione. Contemplare il volto di Gesù per noi vuol dire meditare a fondo, a partire dalle Sacre Scritture, il mistero della sua vita, morte e resurrezione. Questa frequentazione a poco a poco fa nascere meraviglia e amore che si diffonde nella nostra vita.
Il racconto della trasfigurazione continua con la nube, che è segno della presenza di Dio, e introduce nell’ombra. È il momento dell’ascolto e i tre discepoli sentono la voce di Dio che si rivolge a loro, incoraggiandoli ad ascoltare e seguire la parola che viene da Gesù, anche quando diventerà diffi cile come nei giorni della passione. La voce di Dio indica il volto di Gesù, perfetta immagine del Padre, Parola definitiva piena d’amore alla quale dare ascolto. Il brano termina con il silenzio di Pietro, Giacomo e Giovanni, un silenzio spontaneo che custodisce il mistero cui hanno assistito e che sarebbe difficilmente comunicabile, almeno fino alla mattina della resurrezione.
Gloria: in greco doxa. Nell’uso religioso del Nuovo Testamento la parola doxa indica «divino splendore di potenza», «gloria divina». Corrisponde alla parola ebraica kabod che indica il peso di onore e valore di un uomo (in particolare re) e per quanto riguarda Dio la sua sfolgorante potenza nelle teofanie e la sua grandezza nella storia della salvezza. Il credente riconosce e proclama la gloria di Dio.
Volto: San Paolo nella seconda Lettera ai Corinti (in 2Cor 4,4.6) riprende il tema del volto di Gesù. «E Dio, che disse: “rifulga la luce nelle tenebre”, rifulse nei nostri cuori, per fare risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo» (2Cor 4,6).