«Suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro…»
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 27 marzo 2022
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane (…) partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia (…). Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi (…) e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (…).
Commento
Questa domenica ascoltiamo la parabola del figliol prodigo, un testo famosissimo del vangelo di Luca. Per capirla a fondo è utile comprendere la struttura del capitolo 15 nel quale è inserita. I primi versetti (Lc 15,1-2) fanno capire perché Gesù racconta le parabole che seguono.
Da una parte ci sono i pubblicani e i peccatori che vogliono ascoltare Gesù, dall’altra i farisei e gli scribi, le persone per bene, che si scandalizzano perché questo nuovo maestro ha una frequentazione così stretta con persone poco raccomandabili. In questa situazione, che è anche di tensione nelle relazioni, Gesù racconta tre parabole su cose perdute e ritrovate.
La prima è la parabola della pecora smarrita, la seconda quella della donna che perde la moneta in casa, la terza quella del figliol prodigo. Dunque, una sezione in cui il tema di ritrovare cose smarrite è elaborato accuratamente prima con un esempio da uomo, poi da donna poi con un grande racconto che più che altro parla di Dio. Si notino i tratti comuni: il dolore per la perdita, la cura nel cercare, la gioia nel ritrovare.
La parabola del figliol prodigo è lunga e piena di dettagli, anche letterariamente mostra quanto Luca sia un abile scrittore. Si può riflettere su vari aspetti di questo testo ma il punto centrale del racconto sembra essere la figura del padre, che è il personaggio principale. I due figli sono personaggi che hanno storie in parte antitetiche e che mettono in risalto chi è davvero il padre.
Fondamentalmente nessuno dei due, pur essendo figlio con una lunga frequentazione del padre, aveva capito quale fosse la reale qualità e profondità del suo cuore. Il primo figlio pensa di tornare come un salariato perché sicuramente il padre non accetterà di riprenderlo come figlio e invece il padre lo accoglie a braccia aperte e gli ridà i segni della figliolanza ed è pronto a far festa. Il secondo figlio non riesce a fare fasta perché è pieno di rancore per un padre che ha sentito lontano: anche lui non ha mai intuito quanto il padre lo ama.
Questa parabola sorprende sempre anche noi e ci mostra quale sfida sia comprendere la grandezza della misericordia del Padre, intuire la qualità del suo cuore, che ama oltre ogni misura e ogni limite. Davvero nella bontà misericordiosa di Dio c’è qualcosa d’ineffabile, cioè qualcosa che non arriveremo mai a capire del tutto. Inoltre, il suo desiderio di accoglienza non si limita a perdonare il peccato: il padre ricolloca il figlio nella pienezza della sua vita originaria. Non c’è spazio per recriminazioni o rimproveri ma solo per il dono di una vita bella e felice.
Questo padre che fa festa ci dice che sbagliamo quando collochiamo Dio solo sul versante del limite, cioè realtà come il peccato, il dolore, la morte. Dio è misericordioso in quanto desidera la vita in abbondanza per i suoi figli ed è sempre pronto a ricostruire con il suo amore un futuro di gioia per ogni uomo. Dobbiamo trovare Dio nel centro vitale della nostra vita e non lasciarlo nelle periferie del dolore e della morte.
Partì per un paese lontano: il figlio più giovane non è un ribelle ma va all’estero, emigra, desiderando rendersi indipendente e cercare fortuna. Era un comportamento piuttosto diffuso al tempo di Gesù in cui già esisteva una numerosa diaspora ebraica.
Io ti servo da tanti anni: il verbo servire, douleuein, contiene l’idea di lavorare da schiavi. Il figlio maggiore non si sente libero nel rapporto col padre ma gli obbedisce come a un padrone.