Loda il Signore, anima mia
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 25 settembre 2022.
Ascoltiamo questa domenica la parabola del povero Lazzaro e del ricco, un testo proprio dell’evangelista Luca che continua la sua riflessione sul buon uso delle ricchezze. Questo racconto è quasi una concretizzazione della prima beatitudine di Luca e del relativo “guai”: in Lc 6,20 si dice “beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio” e in Lc 6,24 “ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione”. Luca descrive con pochi tratti molto efficaci i due personaggi. Il ricco, molto ricco, che conduce una vita spensierata, immerso nel lusso (si noti il collegamento con la prima lettura del profeta Amos). Il povero, affamato e anche malato, che vive nella desolazione e nell’abbandono; i cani che leccano le sue piaghe sono un colpo di genio della narrazione che ci mostra un’emarginazione che ha per compagnia solo gli animali randagi.
Quando i due muoiono la loro sorte si inverte: Lazzaro va presso Dio, mentre il ricco finisce nell’oscuro regno dei morti. Non dobbiamo qui pensare a una vera legge del contrappasso quanto invece al tema, caro a Luca, di Dio che interviene per capovolgere le situazioni. Il ricco non è punito per la sua ricchezza e neanche per il suo vivere nel lusso ma esclusivamente per la sua insensibilità nei confronti della situazione del povero, che stava davanti a casa sua e non ha mai attirato la sua attenzione. Questo giudizio è in piena sintonia con l’insegnamento biblico tradizionale che invita a prendersi cura dei poveri e dei bisognosi (in particolare con il riferimento alla classica triade forestiero, orfano e vedova). Il ricco non ha avuto la sensibilità che un buon ebreo doveva avere nei confronti dei poveri. Dio chiede al suo popolo di vivere in modo che non ci siano i poveri o almeno che non siano trascurati. Il Signore stesso si muove in difesa del debole e del povero, che fa oggetto di un particolare amore. Gesù nella sinagoga di Cafarnao, citando Isaia, afferma di essere stato mandato a “portare ai poveri il lieto annuncio” (Lc 4,18).
Noi cristiani continuiamo a occuparci dei poveri non per semplice generosità o per passione civica ma perché il cuore di Dio che incontriamo nella preghiera ci spinge ad andare verso di loro. Nell’accogliere tutte le situazioni segnate dal limite testimoniamo la passione del Padre per i poveri e gli umili. Il magistero di Papa Francesco riprende incessantemente questo tema che riguarda la vita delle comunità e dei singoli. Ascoltiamo solo un brano tra i tanti dell’Evangelii Gauduim: “Qualsiasi comunità della Chiesa, nella misura in cui pretenda di stare tranquilla senza occuparsi creativamente e cooperare con efficacia affinché i poveri vivano con dignità e per l’inclusione di tutti, correrà anche il rischio della dissoluzione, benché parli di temi sociali o critichi i governi. Facilmente finirà per essere sommersa dalla mondanità spirituale, dissimulata con pratiche religiose, con riunioni infeconde o con discorsi vuoti”. (EG 207)
Il racconto di Luca continua con un dialogo a distanza in cui il ricco chiede ad Abramo di mandare Lazzaro a mettere in guardia i suoi fratelli perché non facciano la sua fine. La risposta durissima è che hanno già la Scrittura che gli insegna il bene e che addirittura neanche se qualcuno tornasse dai morti si convincerebbero. L’attaccamento alle ricchezze è davvero un ostacolo formidabile, quasi insuperabile. Questo racconto in realtà vuole anche spiegare il rifiuto di Gesù da parte dei farisei. Al versetto 14 di questo stesso capitolo si dice che “i farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui”. Un cuore appiattito sui beni materiali e insensibile verso gli esseri umani non si accorge della bellezza della vita proposta da Gesù, annunciatore mite e umile.
Don Carlo Bellini