Andiamo con gioia incontro al Signore
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà” (…).
Commento
Con la prima domenica d’Avvento inizia il nuovo anno liturgico nel quale ci accompagnerà la lettura prevalente del vangelo di Matteo. Questa domenica ascolteremo un testo che ha per tema la fine dei tempi e la venuta del Figlio dell’uomo. Non dimentichiamo che l’Avvento ha una duplice dimensione di attesa che comprende sia la venuta del Salvatore nella gloria alla fine dei tempi che la sua incarnazione nella storia. Per i cristiani delle prime generazioni il tema dell’attesa del ritorno di Gesù era molto importante e ne troviamo molte tracce nei testi del nuovo testamento. Il brano di oggi parte prendendo spunto dalla storia di Noè per dire che il Figlio dell’uomo verrà all’improvviso e nessuno può sapere quando. La sua venuta avrà delle conseguenze che sono esemplificate nella piccola parabola delle coppie al lavoro di cui uno è preso e l’altro lasciato: è l’idea del giudizio e del discrimine definitivo tra gli uomini. A fronte di questa venuta imprevedibile Gesù invita a vegliare e a tenersi pronti.
Le parole di Gesù risuonano come un invito a risvegliarsi da una vita spesso intrappolata nelle occupazioni e preoccupazioni di ogni giorno. Siamo talvolta come appiattiti al livello delle cose e sentiamo di avere il fiato corto. Un po’ come la descrizione della vita al tempo di Noè in cui gli abitanti vivevano ignari di quello che stava per succedere; appunto un vivere ignari in cui tutto diventa “cosa”, anche il prendere moglie e marito. Il richiamo di Gesù a vegliare è un invito ad alzare la testa e a coniugare la fedeltà con il presente, con i nostri quotidiani doveri, a uno sguardo ampio sulla vita e sul mondo. Attendere la venuta del Salvatore non è fuggire dal presente ma introdurre nella vita uno slancio in avanti che ci fa leggere in prospettiva il presente e ci aiuta a mettere ordine. Ciò che illumina il presente non può essere che un profondo desiderio, una grande speranza che noi sintetizziamo nell’immagine della venuta del Figlio dell’uomo.
La sua venuta porta con sé una promessa di senso e anche un impegno di vita: si deve vivere con coerenza rispetto a ciò che si attende. Allora questo desiderio ci guida e ci trasforma, ci porta ad aprirci agli altri, a intravedere il trascendente nella nostra vita e ci invita a entrare in preghiera. Un atteggiamento amante e orante, tipico dell’Avvento, è la declinazione quotidiana dell’invito a vegliare di Gesù. Certo in questo invito c’è anche qualcosa di minaccioso, un ammonimento a stare attenti perché potrebbe capitare qualcosa di non solo improvviso ma anche spiacevole. In questi testi pensiamo sempre al momento della morte e del giudizio e quindi sono scomodi per la nostra voglia di vivere tranquilli. In realtà la venuta di Gesù porta con sé l’idea del definitivo, viene un momento in cui i giochi sono fatti e non si può più cambiare.
Vegliare allora vuol dire accorgersi della serietà della nostra vita, nel senso che ci è dato un tempo nel quale non sprecare le occasioni a nostra disposizione. Infine aspettare il ritorno di Gesù ci educa a superare un’idea banale della presenza di Dio, in cui il divino è sempre a nostra disposizione. Noi invochiamo la sua venuta, ne sentiamo la mancanza e percepiamo il mondo quasi vuoto senza di Lui. Questo cristiano senso di vuoto garantisce la serietà di un’esperienza in cui la fede non narcotizza l’uomo e non smussa gli spigoli della vita ma dona una speranza e un motivo per alzare la testa. Dunque vegliare è aprire gli occhi sul reale e vederlo nella sua crudezza, nella sua ricchezza e nella densità di senso che può ospitare.
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