Non possiamo non dirci cristiani
Ricordando il filosofo Benedetto Croce e il suo rapporto con la fede nel settantesimo della morte.
Riceviamo e pubblichiamo questo contributo scritto dal professor Norberto Mazzoli, presidente Uciim Emilia-Romagna, in occasione del settantesimo della morte del filosofo Benedetto Croce.
di Norberto Mazzoli
Benedetto Croce è nato a Pescasseroli il 25 febbraio del 1866 ed è morto il 20 novembre del 1952 a Napoli. Considerato il nostro momento storico-culturale, sento il dovere di ricordarlo a me stesso ed a tutti i cristiani che egli non fu un cattolico praticante, ma nemmeno un anticlericale militante, perché riteneva importante la separazione liberale tra Chiesa e Stato, propugnata da Cavour. Tuttavia il rapporto con la cultura cattolica variò nel corso del tempo, infatti scrisse: “Pure filosofo quale sono… io stimo che il più profondo rivolgimento spirituale compiuto dall’umanità sia stato il Cristianesimo, e il Cristianesimo ho ricevuto e serbo, lievito perpetuo nella mia anima…”.
Allora la posizione di Croce nei riguardi della Religione Cattolica è coglibile nel saggio “Perché non possiamo non dirci cristiani”, scritto nel 1942, infatti disse: “Il Cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivoluzione dall’alto, un intervento di Dio nelle cose umane, che da Lui hanno ricevuto legge ed indirizzo affatto nuovo… I principi cristiani hanno la capacità di contrastare il neopaganesimo e l’ateismo propagandati dal nazismo e dal comunismo sovietico…”. “ … Sono profondamente convinto e persuaso che il pensiero e la civiltà moderna sono cristiani, prosecuzione dell’impulso dato da Gesù e da Paolo”.
Dai suoi scritti mi sembra di poter dedurre le seguenti riflessioni. Al Cristianesimo egli attribuisce il merito di poter cogliere una nuova visione della storia dove l’uomo opera in base ad una nuova morale che si fonda sull’amore verso tutti gli uomini del mondo. Alla Chiesa riconosce il merito di aver eliminato dal pensiero religioso del rapporto tra l’uomo e Dio tutte le incrostazioni dei miti precedenti e di aver elaborato categorie filosofiche che hanno coinvolto tutte le filosofie che seguirono. Inoltre la Chiesa si rese universale proprio perché è riuscita a far capire la grandezza del pensiero cristiano ed a diffonderlo nel mondo, pur con qualche errore da cui ha saputo sanarsi con riforme.
Personalmente ricordo con immenso piacere l’opera “Il breviario di estetica” in cui parla del valore dell’arte, di cui la nostra Italia è ricchissima. Croce dice che l’arte: è visione o intuizione, rappresentazione, fantasia ed immaginazione, non è un fatto fisico, non può essere un atto utilitario, è un atto morale, “… non è un vano fantasticare e non è la tumultuante passionalità, ma il superamento di questo atto, mercè un altro atto o se piace, la sostituzione di questo tumulto con altro tumulto…”. Concludo dicendo che Croce ha soprattutto improntato la sua dottrina alla storiografia che ebbe una grande influenza politica sulla cultura, sulla religione della libertà e come guida morale dell’antifascismo (considerò il fascismo una malattia morale), tanto che fu anche proposto come Presidente della Repubblica Italiana.