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Con umile e seria perseveranza

Dai Cantieri di Betania all’esempio di San Francesco.

Con umile e seria perseveranza

La scorsa settimana abbiamo posto l’accento sulla necessità di avere cura, custodire il tesoro prezioso di Gesù e della sua parola di misericordia. Quel Gesù che, a Betania, Maria ha imparato ad ascoltare con cuore docile, e Marta a servire con sollecitudine. La Parola di Dio della II domenica di Avvento ci richiama ad uno dei cantieri di Betania, la “strada”, la via del Signore che occorre preparare, secondo l’invito che Giovanni Battista rivolgeva alle folle come “voce di uno che grida nel deserto” (cf Mt 3,1-3).

Occorre preparare la via del Signore perché la via di Dio è ostruita, vi abbiamo posto molti ostacoli: la presunzione di poter fare a meno di Dio, l’accentuato individualismo ed egoismo, la violenza di ogni genere. Con il nostro peccato abbiamo elevato un muro tra noi e Dio. Occorre preparare la strada perché la strada è il luogo in cui si può rinascere spiritualmente. Proprio perché non sempre semplice, a volte anzi tortuosa e aspra, costringe alla vigilanza e all’attenzione, chiede occhi e cuori aperti. La strada è uno dei momenti privilegiati per conoscere meglio se stessi in rapporto agli altri, ai loro bisogni ed attese, e per servirli.

Allora su questa strada sarà possibile l’incontro con il Messia. Quel Messia di pace vera che si prende cura dei miseri e degli oppressi e porta riconciliazione anche tra nemici naturali come il lupo e l’agnello, il vitello e il leoncello. (cf Prima lettura Is 11, 1-6). Un incontro che possiamo fare tutti noi nella misura in cui, come Giovanni, non ci limitiamo a indicare la strada, ma camminiamo su quella strada giusta, invitando gli altri a camminare con noi. Giovanni vive e annuncia ciò che vive: “portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico” (Mt 3,4). Sta qui la sua grandezza, sta qui il segreto e il fascino della missione del cristiano, trasformare la vita quotidiana in un luogo di santità, dove testimoniare la fede e l’amore di Dio senza proclami o gesti straordinari, ma con l’umile, seria e perseverante dedizione alle proprie occupazioni.

Un compagno di strada di Francesco d’Assisi, Bonaventura da Bagnoregio, così presentava la testimonianza di vita offerta dal Poverello ai credenti “affinché, divenuto testimone della luce, preparasse per il Signore la via della luce e della pace nel cuore dei fedeli. Come la stella del mattino, che appare in mezzo alle nubi, brillando con il luminoso splendore della sua vita e della sua dottrina, egli attrasse verso la luce coloro che giacevano nelle tenebre e nell’ombra della morte; come l’arcobaleno, che brilla tra le nubi luminose, portando in se stesso il segno del patto del Signore, annunziò agli uomini il vangelo della pace e della salvezza. Sorgendo anch’egli come angelo della vera pace, fu inoltre, a imitazione del Precursore, predestinato da Dio a preparargli la strada nel deserto dell’altissima povertà e a predicare la penitenza con l’esempio e con la parola” (Leggenda maggiore – FF 1021).

Noi oggi siamo voce di Dio; a noi è stato consegnato il Vangelo, la speranza. Ma noi siamo un aiuto o un ostacolo all’amore di Dio? Siamo in grado di fare “il frutto degno della conversione”, abbandonando sovrastrutture e gesti insignifi canti, tendendo a un incontro con Dio serio e responsabile? Ci viene chiesto di prendere coscienza del nostro essere creature fragili e dell’amore che ci ha fatto figli; di rispondere all’iniziativa di Dio che si fa uomo e viene a convivere con ciascuno di noi per riconsegnarci la pienezza dell’immagine di Dio, rovinata dal peccato.

I Frati Minori del Vangelo – Migliarina

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