Economia del benessere e della conoscenza
Agilità, energia e benessere. È questa la nuova frontiera dell’economia del benessere e della conoscenza che nel terzo millennio si propaga rapida e veloce nel tempo, e nello spazio, in una società liquida sempre più orientata alla condivisione e alla ricerca di una nuova identità. L’economia della conoscenza s’avvia a diventare il luogo più importante del nostro futuro, dove le persone, e le imprese, mobilizzano l’energia dell’essere, e del fare, alla ricerca di soluzioni innovative, per migliorare le performance personali e imprenditoriali sostenibili.
La conoscenza è propria dell’uomo scriveva il filosofo tedesco Immanuel Kant che la considerava “un valore in relazione alla quantità accumulata nel tempo”. La pensava fenomenica, da come appare, legata alle singole caratteristiche dell’individuo. Al pari dei talenti, monete presenti nell’antica Grecia, più una persona possedeva monete più poteva esibire talenti alla comunità. La conoscenza per sua stessa natura ha un uso “non rivale” e come tale può essere condivisa. Il suo significato etimologico è di “collegare” tra loro uomini e culture diverse per dare luogo alla conoscenza condivisa che cammina veloce verso il nuovo che avanza. L’economia dal canto suo si occupa di risorse che opportunamente trasformate sono in grado di generare prodotti e servizi per rispondere ai bisogni della società. Crescita e sviluppo economico sono gli obiettivi naturali per generare benessere sociale.
Come mai è urgente porsi nella condizione di affrontare il tema dell’economia del benessere e della conoscenza? La storia può aiutarci a rispondere a questa domanda. L’economia, dai modelli più antichi in cui vigeva l’ideologia assolutista, il potere del monarca derivava direttamente da Dio al quale occorreva rispondere, alle teorie in cui la ricchezza proveniva solo dall’agricoltura, per arrivare all’economia dove era applicato il principio di simpatia, un sentimento che consente agli uomini di trovare un accordo nelle fasi di scambio. Il lavoro che inizia a specializzarsi con i modelli americani della catena di montaggio d’inizio Novecento per arrivare alle crisi che hanno caratterizzato l’ultimo decennio, iniziato in America nel 2008, con le banche in difficoltà finanziarie e di solvibilità, al Covid che ha fatto emergere il valore della “filiera corta”, di avere strette relazioni con i fornitori locali con i quali avviare politiche economiche di maggiore qualità e contenimento dei prezzi.
Tutto questo per favorire il mercato interno e incrementare il livello quali-quantitativo delle esportazioni, agenti in termini positivi sulla bilancia commerciale. L’economia della conoscenza nasce da una nuova consapevolezza, che la globalizzazione non genera convergenza unitaria ma unità d’intenti a favore della crescita competitiva che trae valore aggiunto dalle idee che ogni individuo apporta al sistema economico nel quale è inserito. Il fecondo contesto è in grado di “mobilizzare” energie positive destinate ad accrescere il livello di produttività che si manifestano nelle condizioni in cui il capitale umano e fisico incontrano il benessere nei luoghi di lavoro e il riconoscimento dell’identità. L’economia della conoscenza nasce da solide basi e trae la forza ispiratrice dalla reciprocità, intesa come un dare senza perdere e un prendere senza togliere.
Perché l’obiettivo principale, come afferma Vito Mancuso, sta nel fatto che “tutti nella vita vorrebbero essere migliori ben pochi invece si curano di essere semplicemente migliori” e migliori si diventa quando ci si immerge nella condivisione. L’economia del benessere e della conoscenza porta l’uomo a riscoprire un nuovo modo di essere, di esserCi, come riporta il filosofo tedesco Martin Heidegger in “Essere e Tempo” quando pone l’uomo al centro della questione dell’esistenza come nucleo della riflessione. Un individuo non deve essere puramente razionale che pone al centro della questione morale l’economia, di homo oeconomicus, come lo ha definito per la prima volta l’economista britannico John Stuart Mill che massimizza la sua utilità, e le ragioni economiche legate al lavoro, ma che ha come obiettivo della sua esistenza “la persona al centro”.
Oggi la società è decisamente cambiata. Si è transitati da un modello in cui l’economia era concentrata sul risultato mentre ora è legata alla performance. Una parola che riporta a dare forma, a completare “insieme” ciò che si sta facendo per risolvere i problemi indotti dalla complessità, grazie ad una maggiore presenza e partecipazione di persone che dispongono i frutti del loro sapere a vantaggio altrui. L’economia chiede di essere agili e di riuscire ad imprimere all’agilità la forza per competere con i mercati dinamici e altamente competitivi. Oggi, ciò che più importa è un modo nuovo di intendere il successo, non più visto come l’uomo che cammina solo ma “insieme, di esserCi in relazione”.
La conoscenza che per anni è stata invisibile, e individuale, ora si pone “in collegamento” unica e imprescindibile con altri individui creando una rete in cui tutti si muovono agili per raggiungere uno scopo comune. Una condizione in cui le persone si sentono libere perché sentono di essere parte integrante di un grande gruppo, di spendersi per qualcosa più grande senza pensare che agire in modo agile svuoti l’uomo di ciò che nel tempo ha accumulato, bensì di essere arricchiti e liberati dall’ego. Una libertà che smuove l’intera umanità.
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