Pubblicato il

Editoriale - Grazie al Papa profeta di speranza

Pellegrino di pace in Congo e Sud Sudan.

di Don Vianney Munyaruyenzi

Grazie al Papa profeta di speranza

 

Il viaggio apostolico di Papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo, dal 31 gennaio al 3 febbraio, nonostante la sua età e la sua salute, è stato una testimonianza della sua fede e della “chiesa in uscita” verso la “periferia” facendo conoscere al mondo il dramma del popolo congolese di fronte alla guerra e ai soprusi, alla corruzione e all’ingiustizia, allo sfruttamento economico delle risorse da parte di paesi stranieri e all’indifferenza della Comunità internazionale e dei mass-media: “Guardando a questo popolo, si ha l’impressione che la Comunità internazionale si sia quasi rassegnata alla violenza che lo divora. Non possiamo abituarci al sangue che in questo Paese scorre ormai da decenni, mietendo milioni di morti all’insaputa di tanti. Si conosca quanto qui accade. Sono venuto qui, ha affermato Papa Francesco, animato dal desiderio di dare voce a chi non ha voce. Quanto vorrei che i media dessero più spazio a questo Paese e all’Africa intera! Che si conoscano i popoli, le culture, le sofferenze e le speranze di questo giovane Continente del futuro! Si scopriranno talenti immensi e storie di vera grandezza umana e cristiana, storie nate in un clima genuino, che ben conosce il rispetto per i più piccoli, per gli anziani e per il creato”.

Un grazie grandissimo al Santo Padre per questo viaggio apostolico che è già un evento storico, un pellegrinaggio di riconciliazione e di pace, che ha fatto vedere alla Comunità internazionale il dramma vissuto da un popolo che lotta giorno e notte per la sua sopravvivenza, ma anche il fatto che la Repubblica Democratica del Congo non è soltanto la guerra e la miseria ma anche e soprattutto la bellezza e la grandezza di questa terra con i suoi colori, la bellezza della vitala gioia e la fede di una chiesa giovane che si manifesta attraverso la sua liturgia, fede, speranza e carità: “in questa terra così bella, vasta, rigogliosa, che abbraccia a nord la foresta equatoriale, al centro e verso sud altipiani e savane alberate, a est colline, montagne, vulcani e laghi, a ovest grandi acque, con il fiume Congo che incontra l’oceano. Nel vostro Paese, che è come un continente nel grande Continente africano, sembra che la terra intera respiri. Ma se la geografia di questo polmone verde è tanto ricca e variegata, la storia non è stata altrettanto generosa: tormentata dalla guerra, la Repubblica Democratica del Congo continua a patire entro i suoi confini conflitti e migrazioni forzate, e a soffrire terribili forme di sfruttamento, indegne dell’uomo e del creato. Questo Paese immenso e pieno di vita, questo diaframma d’Africa, colpito dalla violenza come da un pugno nello stomaco, sembra da tempo senza respiro”.

La visita del Papa è una grazia di Dio e un segno di speranza per tutto il popolo congolese; si spera che le sue parole non cadano nel vuoto. La gente di Goma è rimasta un po’ delusa per il dispiacere della visita non fatta all’est, è umano, capisce anche che era impossibile realizzarla in questo momento tenendo conto della situazione che si vive a Goma: paura, insicurezza; nessuno avrebbe incoraggiato un rischio così alto. Il Santo Padre stesso ha sottolineato il dispiacere di non esserci andato. Speriamo nei frutti di pace, di fraternità e di riconciliazione. La Chiesa congolese ha sempre messo al centro della sua opera evangelizzatrice la centralità dell’amore e della riconciliazione di Gesù Cristo; l’esperienza della comunione propria della Chiesa famiglia, sorgente d’identità e servizi personali; il ruolo attivo dei laici nella vita di comunità; le liturgie festose; la vitalità delle comunità di base; l’atteggiamento di fiducia nelle difficoltà; l’annuncio e la celebrazione dei sacramenti vissuti con la gente. La situazione di guerra e violenza che dura da tanti anni ha fatto vivere nella Chiesa e tra la gente della R. D. Congo un’avventura unica di fede.

Si vede e si sperimenta la presenza della tenerezza del Padre, al quale i congolesi si sono abbandonati in tanti momenti; sperimentando che è solo il Signore che interviene e salva; è Lui che si prende cura di quanti sono abbandonati da tutti. Dalla gente più in difficoltà s’impara infatti la voglia di vivere nonostante tutto; nei momenti più forti di pericolo sono i fedeli semplici e poveri a difendere gli altri mantenendo viva la Chiesa anche di fronte alla persecuzione e alle tante distruzioni. Se non ci fosse la Chiesa – sempre in prima linea per la promozione umana, in difesa e per la salvaguardia dei diritti umani e per la democrazia -non sappiamo cosa sarebbe il popolo congolese lasciato al suo destino, ma un popolo che continua a sperare ed a vivere nella certezza che la storia cammina verso il bene che è Gesù Cristo, Colui che, in croce ha sconfitto la morte e il diavolo in tutti i sensi.

Sicuro che il Signore non lo abbandona, il popolo congolese rimane fiducioso in Lui e si affida a Lui che è il Signore della storia fino al compimento del suo Regno. Ci guidino queste parole di san Giovanni Paolo II: “Abbiamo forse più che mai bisogno delle parole del Cristo risorto: ‘Non abbiate paura!’. Di fronte agli orrori e alle crudeltà della storia e della cronaca, l’uomo ha più bisogno che mai di quelle parole di fede e di speranza. Per ritrovare nel suo cuore la certezza che esiste Qualcuno che tiene in mano le sorti di questo mondo che passa; Qualcuno che ha le chiavi della morte e degli inferi (cfr. Ap 1,18), Qualcuno che è l’Alfa e l’Omega della storia dell’uomo (cfr. Ap 22,13), sia di quella individuale sia di quella collettiva. E questo Qualcuno è Amore (cfr. 1Gv 4, 8 e 16)”.

Condividi sui Social