Il Signore è buono e grande nell’amore
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Commento
Continuiamo questa domenica la lettura del brano delle antitesi nel Discorso della Montagna. Le ultime due antitesi sono tematicamente collegate perché si occupano di come reagire di fronte all’avversario. La prima contrappone alla legge del taglione l’insegnamento di non opporsi al malvagio.
La legge del taglione, citata in Es 21,23-25, non era in fondo una legge barbara, anzi rappresentava un passo avanti rispetto al farsi giustizia da sé in maniera indiscriminata, prescrivendo una proporzionalità tra il crimine e la reazione. Tuttavia Gesù insegna ad andare oltre. Il suo invito a non opporsi al malvagio non significa la rinuncia a lottare contro il male, cosa che Gesù stesso ha fatto nella sua vita, ma indica precisamente l’atteggiamento di chi non risponde alla violenza con la violenza, non usa violenza contro l’avversario. Alcuni esempi portati da Gesù aiutano a cogliere l’ampiezza di questo insegnamento.
Il primo è il famoso e spesso incompreso porgere l’altra guancia. In questo caso l’aggressione è un gesto di offesa compiuto schiaffeggiando sulla guancia destra con il dorso della mano destra. L’invito di Gesù a porgere l’altra guancia non chiede di esporsi ad altre percosse ma di sorprendere l’avversario rinunciando a ogni recriminazione e reazione violenta (che pure era legalmente prevista). Il secondo esempio è tratto dall’ambito giuridico. In un processo poteva essere data in pegno la tunica ma non il mantello che doveva servire per proteggersi dal freddo durante la notte (norme presenti in Es 22,25-26). Invitando a lasciare anche il mantello Gesù chiede di essere generosi ma soprattutto suggerisce una reazione che provoca l’avversario, rendendo manifesto l’eventuale sopruso.
Il terzo caso riguarda un servizio estorto con la prepotenza. Il caso immediato sembra essere ricollegato alla legge romana che permetteva a un soldato imperiale di costringere chiunque a portare un peso per un tratto di strada (è ciò che avviene con il Cireneo che è costretto a portare la croce di Gesù). Anche qui l’insegnamento di Gesù non è la passività ma una reazione generosa e un po’ paradossale che potrebbe anche sorprendere l’avversario e farlo riflettere. Infine c’è l’invito a dare generosamente a chi chiede in prestito, senza mostrarsi insensibili.
Non è facile capire il significato vero di questi esempi. Dobbiamo tenere presente che queste parole non hanno un valore normativo e non vogliono essere prese alla lettera. Sono invece affermazioni iperboliche che, attraverso esempi portati al limite e che per questo colpiscono l’immaginazione, vogliono introdurre in uno spirito nuovo e radicale. Non è assolutamente un messaggio di rassegnazione o passività verso il male ma insegna a rinunciare all’uso della forza davanti all’avversario e a fare gesti positivi verso chi usa violenza. Gesù parla di un amore che non ha limiti, un amore incondizionato e rivolto instancabilmente verso tutti. Vale la pena ricordare che per alcuni esegeti (in particolare Walter Wink, Jesus and Nonviolence: A Third Way) questi insegnamenti di Gesù aprono la strada alla pratica della nonviolenza attiva, cioè a una terza via che va oltre l’alternativa tra passività davanti al male e reazione violenta. Certamente la comprensione più vera di questi esempi si ha alla luce dell’ultima antitesi, che riguarda l’amore al nemico.
L’idea di nemico a cui Gesù si riferisce qui è molto ampia: va dal nemico personale, al persecutore della comunità cristiana per motivi religiosi fino al nemico romano occupante. Amare il nemico per Gesù vuol dire avere un atteggiamento di benevolenza che si esprime in modo concreto facendo del bene e pregando Dio. L’amore al nemico è un tipico insegnamento di Gesù e molti studiosi sono d’accordo nel sostenere che nessuno mai prima di lui ha insistito su questo tema con tanta ampiezza e convinzione. Per Gesù l’amore al nemico è l’atteggiamento di chi ha conosciuto fino in fondo la qualità dell’amore misericordioso del Padre, cioè di chi si sente figlio. La benevolenza verso l’avversario è una forma del cuore che non si ottiene con sforzi di volontà, ma è una trasformazione della profondità dell’uomo che solo lo Spirito può realizzare e la preghiera invocare.
L’opera d’arte
Philippe de Champaigne, Mosè con i dieci comandamenti (1648), San Pietroburgo, Hermitage. “Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: ‘Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo’». Mosè, il “legislatore” di Israele, è colui a cui si rivolge Dio nella prima lettura di questa domenica, ma è anche il riferimento – implicito – del discorso di Gesù nel brano del Vangelo. Il patriarca è spesso raffigurato con il suo attributo principale, le tavole con i Dieci Comandamenti. Così lo vediamo in quest’opera di Philippe de Champaigne, il pittore prediletto di Maria de Medici e del cardinale Richelieu alla corte di Francia nel ‘600.
Dopo la morte prematura della moglie e di alcuni figli, si avvicinò agli ambienti giansenisti, dipingendo opere per l’abbazia di Port-Royal, dove si era ritirata la sua ultima figlia. Quadri in cui si accentua il contenuto di carattere spirituale e l’intonazione morale. Il suo Mosè ci appare così come una figura solenne e autorevole, che guarda negli occhi l’osservatore, indicandogli le tavole su cui sono incisi in francese con grande cura, perché siano perfettamente leggibili, i Dieci Comandamenti.
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