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Editoriale - Tra il dire e il fare

Politica: proclami di cambiamento e riti che si ripetono

di Luigi Lamma

Tra il dire e il fare

 

A poco più di quattro mesi dalle elezioni politiche del 25 settembre scorso che hanno sancito la vittoria della coalizione di centrodestra a guida Fratelli d’Italia, un importante test elettorale ha riguardato due regioni “di peso” come Lazio e Lombardia e soprattutto si avvia a conclusione l’articolato processo congressuale del Partito Democratico che porterà all’elezione del nuovo segretario. Sullo sfondo i temi più urgenti e per certi versi drammatici che il Paese è chiamato ad affrontare come i costi dell’energia e il conseguente impoverimento delle famiglie, e la guerra in Ucraina per la quale, dopo un anno di combattimenti e di distruzioni, non si intravedono spiragli di negoziato per la pace ma solo una crescente richiesta di armamenti per arginare la nuova offensiva russa. Il dibattito interno al Partito Democratico si è giocato soprattutto, secondo i commentatori, sulla prospettiva delle future alleanze (ben rappresentata dalle differenti scelte effettuate in Lombardia e nel Lazio, al di la della sconfitta annunciata) e sulla necessità di ristabilire una connessione più diretta con l’elettorato di riferimento.

Un rapporto, quello tra Pd ed elettori, che si è rarefatto nel tempo a causa di un’eccessiva autoreferenzialità della classe dirigente e per scelte politiche ritenute non sempre coerenti con gli obiettivi di un partito che vuole occupare l’area della sinistra, attento alle fasce più deboli della popolazione. Lo scenario in realtà non è nuovo, anche se si evita la parola “rottamazione” per non evocare la stagione renziana, di fatto gran parte del confronto avviene assicurando una rottura con l’attuale classe dirigente che ha portato il partito ai minimi storici dei consensi. In una regione e in un territorio dove il Pd è comunque maggioritario e detiene la guida di gran parte delle amministrazioni comunali oltre a quella regionale, si tratta di un confronto che va seguito con attenzione, al di là di questo o quel personaggio che si colloca con uno o con l’altro candidato alla segreteria.

Un’attenzione che riguarda anche la coerenza con la quale i temi posti in sede congressuale poi trovano effettiva applicazione nella prassi politica del partito a livello locale. Come si giustifica, ad esempio, il condizionare scelte di buona amministrazione come dovrebbe essere la sostituzione di un assessore con logiche esclusivamente politiche, come l’allargamento della maggioranza a partiti che non trovano rappresentanza nel consiglio comunale. Non sono forse questi i riti della vecchia politica che si vorrebbero archiviare una volta per tutte lasciando spazio alle competenze per ben amministrare e ad un rinnovato rapporto con gli elettori?

E’ chiaro che il rapporto tra mandato ricevuto, buona amministrazione e attività dei partiti è un tema connaturale all’esercizio stesso della politica e riguarda tutte le forze politiche, ad ogni livello, nazionale e locale. Gli esempi potrebbero essere diversi perché è qui che si misurano spirito di servizio, senso di responsabilità e competenze messi in gioco per rispondere ai bisogni delle comunità e dei territori. Tra le maglie di questo confronto interno al Pd si parla anche di cattolici il cui rischio di irrilevanza o di emarginazione è stato evocato anche da personalità di rilievo. Se i cattolici democratici modenesi si interrogano sul loro ruolo ovvero se essere “spettatori o costruttori di futuro”, il quesito stesso rivela in generale una situazione di incertezza o se non altro un momento di crisi d’identità rispetto ad una presenza, ricca di valori e di un pensiero che si alimenta al magistero sociale della chiesa, ma che non sempre trova le forme organizzative o la leadership più adeguata per rappresentarla.

Qui il pensiero si allarga e va all’impegno dei cattolici in politica sempre più libero all’interno delle diverse formazioni politiche, delle organizzazioni sociali e del volontariato ma nello stesso tempo sempre più bisognoso di un solido radicamento formativo e di confronto comunitario. L’obiettivo delle chiese di Modena e di Carpi di riannodare i fili con le persone impegnate in politica e nelle istituzioni all’interno dei cantieri del Cammino Sinodale va in questa direzione. Ci sarà modo di ritornare sul tema.

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