Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 5 marzo 2023.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfi gurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».
Commento
Il brano della trasfigurazione, che ascoltiamo questa domenica nella versione di Matteo, narra di una teofania, cioè un evento straordinario in cui il divino si manifesta. C’è un evidente parallelo con la manifestazione di Dio a Mosè sul Sinai: in Esodo 24 Mosè sale sul monte con i suoi tre compagni Aronne, Nadab e Abiu e dentro una nube incontra Dio. Nel racconto di Matteo c’è anche qualcosa dello stile apocalittico, segnalato al versetto 9 dalla parola horama, tradotta con “visione”. I tre apostoli hanno una visione di ciò che Gesù veramente è e della sua futura gloria dopo la resurrezione. Quando Pietro, Giacomo e Giovanni salgono sul monte con il maestro, Gesù ha già annunciato la sua passione e ora, in questo momento di grande valore spirituale, mostra ai discepoli la sua vera essenza. Sulla montagna la prima esperienza coinvolge la vista.
Gesù rende visibile la sua divinità manifestandosi come un essere di luce; il suo volto che brilla richiama il volto luminoso di Mosè che scende dal Sinai. Gli apostoli, impressionati da tanto splendore e da tanta bellezza, vorrebbero fermare il tempo e restare. La seconda esperienza riguarda l’udito. La nube che avvolge i discepoli è un’altra classica immagine biblica della presenza di Dio; se nella luce la visione è esaltata, nella nube prevale l’esperienza del non vedere e dunque la sensazione di essere di fronte a un dio ineffabile. Nella nube che li avvolge sentono una voce che parla di Gesù. Sono le stesse parole pronunciate nel battesimo e che ricordano l’episodio del sacrificio di Isacco. Il figlio amato è il figlio unico della promessa Isacco che Dio chiede di sacrificare.
Si tratta di un chiaro riferimento alla morte di Gesù in croce. L’espressione «in lui ho posto il mio compiacimento» rimanda al servo di Dio del profeta Isaia (Is 42,1) e dunque ancora una volta associa Gesù alla figura del servo sofferente. La voce, manifestazione terribile del divino, accende la paura negli apostoli ma Gesù si avvicina e li rassicura. Questo brano è tutto giocato tra la memoria delle manifestazioni del divino nell’Antico Testamento e il futuro in cui Dio si rivelerà pienamente in Cristo portatore di salvezza. Un vero momento di gloria nel quale si condensa il senso della storia di Gesù. Tutto questo è segnato dal timore che il divino suscita ma soprattutto dalla bellezza di ciò che Gesù mostra di essere. Rimane anche per noi una grande sfida il saper cogliere la bellezza di Gesù proprio lì dove si mostra nella sua morte e resurrezione; se faremo questo non sarà più sopportabile alcuna riduzione e banalizzazione di Dio.
Tornano in mente le parole di San Paolo nella lettera ai Filippesi: «Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti» (Fil 3,7-11). Dio nella luce, nella bellezza, nella nube, nella Parola e soprattutto nel figlio Gesù: il cristiano vive tutte queste presenze in una continua valorizzazione di tutte le esperienze della vita. Quando l’uomo si apre all’ascolto, comincia anche per lui una trasfigurazione, per diventare un uomo nuovo, un uomo bello. Gesù si avvicina e con il suo tocco risveglia a una nuova e più viva comprensione del reale, lontana da ogni tentazione di ritiro dal mondo ma anzi pronta a immergersi nel pieno delle relazioni con i fratelli e dell’attualità del tempo.
L’opera d’arte
Andrea Previtali, Cristo trasfigurato (1513), Milano, Pinacoteca di Brera. Bergamasco, agli inizi del ‘500 Previtali si formò a Venezia nella bottega del grande Giovanni Bellini, ispirandosi poi alle opere di Carpaccio, Giorgione e Lorenzo Lotto. L’opera qui a fianco, commissionata dalla famiglia Casotti de Mazzoleni per la chiesa della Madonna delle Grazie a Bergamo, raffigura la Trinità attraverso l’episodio della Trasfigurazione.
La composizione è inedita rispetto all’iconografia consueta: Gesù, avvolto in “vesti candide come la luce”, domina la scena – i tre apostoli sono a sinistra in lontananza, quasi invisibili – è immerso in un paesaggio “incastellato”, dove scorre un fiume, in riferimento al battesimo nel Giordano. Al di sopra di Gesù ecco la colomba, immagine dello Spirito Santo, e a destra in alto la nuvola, da cui Dio Padre parla con la frase riportata nel cartiglio: “hic est filius meus dilectus” (questi è il figlio mio, l’amato). Secondo gli studiosi, il tronco tagliato sulla destra e l’albero frondoso, che sovrasta Gesù e che lo pone sotto la sua ombra, evocherebbero l’annuncio della passione – quindi della croce – attraverso cui si compie la salvezza dell’umanità.
V.P.