Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Dal Vangelo secondo Giovanni
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. (…) Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo. (…) Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». (…) A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.
Commento
Quest’anno leggiamo nella Domenica delle Palme la passione secondo il racconto dell’evangelista Matteo. Questo racconto è molto simile a quello di Marco, sono in gran parte sovrapponibili, e dunque fanno riferimento a una fonte comune. Tuttavia Matteo ha alcuni brani esclusivi e alcuni particolari che mostrano il suo punto di vista peculiare sulla passione di Gesù. Sono propri di Matteo i seguenti brani: il racconto della morte di Giuda (27, 3-10), il sogno della moglie di Pilato (27,19), la lavanda delle mani da parte di Pilato (27, 24-25), il terremoto e la resurrezione di alcuni morti al momento della morte di Gesù (27, 51b-53), le guardie presso la tomba di Gesù (27, 62-66), la loro menzogna circa la resurrezione di Gesù (28,11-15). Con queste aggiunte e altri piccoli cambiamenti Matteo vuole mettere in risalto alcuni temi che gli sono propri.
Innanzitutto la narrazione è meno drammatica e cruda di quella di Marco e già si orienta verso una riflessione che mette in risalto la gloria della resurrezione. Inoltre i numerosi riferimenti biblici mostrano come la morte di Gesù sia il compimento delle scritture, tema caro a Matteo, e sia l’adempimento della volontà di Dio. Gesù stesso annuncia l’inizio della passione al versetto 26,2, mostrando una piena consapevolezza di ciò che sta per accadere: «voi sapete che fra due giorni è la Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso».
In tutto il racconto della passione ritroviamo l’uso di titoli cristologici che ci dicono chi è Gesù. Innanzi tutto è il Figlio dell’uomo, che va fino in fondo alla sua missione ed è riconosciuto come Signore e giudice universale. Gesù è irriso come falso profeta e messia dal sinedrio (26,67); ai piedi della croce è schernito dai capi e dalle autorità religiose giudaiche che gli rinfacciano le sue pretese messianiche legate ai titoli re di Israele e Figlio di Dio (27, 42-43). In realtà è proprio nella condizione di umiliazione e impotenza che Gesù realizza ciò che questi titoli significano. In tutto questo Gesù compie le profezie del servo sofferente di Isaia che sono riprese spesso in modo esplicito e implicito. A questo si aggiungono le testimonianze su Gesù proprie del vangelo di Matteo: Giuda, che dichiara di aver tradito il «sangue innocente» (27,4) e la moglie del governatore che invita il marito a non immischiarsi nelle faccende di quel «giusto» (27,19).
In Mt 27,3-10 è descritta la disperazione di Giuda. Giuda si pente del suo gesto, riconsegna i trenta denari e poi si va a impiccare. Matteo vuole probabilmente istituire un confronto tra il tradimento di Pietro e quello di Giuda, mostrando che hanno esiti diversi. Pietro una volta preso del rimorso si apre alla misericordia e al perdono e la sua vita è salva. Giuda si chiude in una disperazione senza prospettive che ha come esito la morte. Poco dopo durante il processo troviamo un altro brano tipico di Matteo che è diventato famoso: Pilato si lava le mani. Lavandosi le mani Pilato dichiara che il processo di Gesù non è affar suo e che rifiuta di immischiarsi. Un’altra caratteristica della narrazione di Marco è la descrizione degli sconvolgimenti cosmici al momento della morte di Gesù. Non solo si squarcia il velo del tempio ma c’è un terremoto e si spezzano le rocce. Ma ancora di più, si aprono i sepolcri e i morti del passato riprendono vita; si compie così la profezia delle ossa aride di Ezechiele (Ez 37).
La morte di Gesù fin da questo momento ha un valore cosmico. Infine dobbiamo ricordare una particolarità del racconto di Matteo nella descrizione dell’ultima cena. Le parole sul calice specificano che il sangue dell’alleanza è versato per il perdono dei peccati. Basata sui riferimenti al quarto canto del Servo (Is 52,13-53,12), la frase segna il culmine dell’attenzione di Matteo nei confronti dei gesti di perdono di Gesù. Con la morte di Gesù inizia una nuova storia tra Dio e l’uomo, tutta contrassegnata da uno stile di riconciliazione.
L’opera d’arte
Salvador Dalì, Il Cristo di San Giovanni della Croce (1951), Glasgow, Kelvingrove Art Gallery and Museum. Il pittore trasse ispirazione da un disegno del santo spagnolo carmelitano del ‘500 (a destra), in cui la crocifissione è rappresentata da un punto di vista inconsueto, ovvero dall’alto in basso. Di Gesù, inchiodato alla croce, vediamo la nuca e le spalle, non il volto, all’interno di una dimensione che si può definire, più che surreale, metafisica: la croce giganteggia, inserita in un immenso cielo scuro, e accoglie un Cristo di cui non sono visibili i segni della passione, della sofferenza umana.
Egli è immerso nell’eternità, sospeso dal tempo e dallo spazio, e addirittura non toccato dalla forza di gravità, mentre si sporge dal legno. C’è chi ha visto in questa iconografia così particolare il richiamo della tradizione, di San Giovanni della Croce, nel proporre l’immagine del crocifisso dal punto di vista “alto” di Dio Padre. Al di sotto della croce, sullo sfondo, Dalì ha raffigurato la spiaggia di Port Lligat (Catalogna), il paese dove viveva: una barca e due pescatori illuminati dalla luce del Cristo, che sembrano evocare Pietro e i primi apostoli.
V.P.
Condividi sui Social