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L’ascensore professionale nelle aziende moderne

“Lo sportello di Notizie”: Guido Zaccarelli, consulente d’azienda, e docente Unimore, interviene su questioni inerenti il vivere quotidiano

L’ascensore professionale nelle aziende moderne

 

L’azienda è una forma viva in perenne movimento. Se le occasioni di cambiamento sono frequenti, se permettono con più facilità di integrarsi, di avviare percorsi di istruzione, di formazione e di educazione, di cambiare lavoro all’interno di un percorso di crescita necessario per migliorare la conoscenza, significa per l’uomo dare un senso diverso alla propria vita, personale e professionale. Tutto questo “dovrebbe” nascere spontaneo in seno all’azienda, e da parte delle persone, che ambiscono a crescere per raggiungere obiettivi comuni. Siamo stati proiettati nel terzo millennio ad altissima velocità. Le aziende, impreparate, hanno cercato di correre ai ripari investendo in tecnologie molto elevate senza, valutare in primis, le competenze interne ad elevato grado di specializzazione “capaci” di accompagnare il progresso. Nel millennio precedente, le persone hanno limitato l’accesso ad ambiti formativi professionali ritenendo l’esperienza sufficiente per rimanere al passo con la lenta evoluzione dei tempi, snodati tra tecnologia e cicli produttivi. Il terzo millennio, e la pandemia, hanno impresso una nuova energia accelerando ogni azione e attività socio-economica: il vento ha cambiato direzione di marcia.

Dopo anni in cui le imbarcazioni hanno navigato a favore di vento, alle aziende e alle persone viene chiesto di impugnare i remi, se desiderano raggiungere il porto e non essere anticipati dalla concorrenza protagonista nella cultura e nella capacità di fare impresa. Il momento chiama a sé l’urgenza di conoscenza da accrescere, e da condividere, per diventare il motore trainante del nuovo che avanza. La vera natura del cambiamento per l’uomo è nella sua identificazione sociale nel contesto aziendale, ai sentiti al senso di appartenenza, intesa come il significato che le persone attribuiscono all’unità di misura dello stare insieme. Perché questo accada sono necessarie due condizioni: che l’azienda accresca seriamente l’attenzione verso la formazione multidisciplinare dei lavoratori, non solo specialistica legata alla prestazione lavorativa, e i lavoratori si rendano maggiormente disponibili a recuperare ambiti di studio per anni lasciati alla deriva.

Le imprese sono alla continua ricerca di personale specializzato per colmare il divario esistente tra gli investimenti in tecnologia e specializzazione. Cosa serve in questo momento e nel futuro prossimo? Una conoscenza multidisciplinare a “T” rovesciata formata da un base molto ampia a carattere multi-interdisciplinare per governare i collegamenti trasversali tra le varie materie, e ambiti professionali, e una forte specializzazione verticale per raggiungere obiettivi comuni. Lo scopo è realizzare un’azienda votata al successo per efficienza ed efficacia e proiettata verso – l’outcome – intesa come la ricaduta delle attività economiche in termini sociali e di responsabilità sociale d’impresa – CSR (Corporate Social Responsibility). Queste considerazioni ci aiutano a comprendere quanto sia importante per un’azienda mettere in atto azioni difensive, per proteggersi dall’ambiente esterno, e con coraggio favorire il cambiamento in ragione di obiettivi di medio e lungo periodo protesi a valorizzare il personale interno. L’immobilismo che ha segnato per molti anni la storia del nostro tessuto imprenditoriale, deriva dalla cultura dei singoli lontani dal comprendere il valore, e l’importanza della formazione, per legare reciprocamente la cultura e l’aggiornamento con le moderne tecnologie della comunicazione e della informazione.

L’immobilismo è frutto di una cultura chiusa che ogni individuo ha spesso considerato come un punto di riferimento per non perdere l’identità sociale e professionale. Un freno al progresso, e alla modernità, per mantenere alti i privilegi acquisiti nel tempo. Il vento, come abbiamo detto, è cambiato. Oggi le persone rifiutano di lavorare dove non sono valorizzate e in breve tempo si licenziano per una nuova opportunità. Le generazioni precedenti, nate in famiglia dedite all’agricoltura e successivamente all’industria, sono state educate alla cultura dove bisognava rimanere nella stessa azienda per sempre, anche in condizioni spesso precarie, perché occorreva tenere duro: la vita era un cammino che si snodava tra casa e bottega. Il terzo millennio ha influenzato il mondo delle aziende e le persone che avvertendo dentro di sé il desiderio di “altro” rispetto al passato, grazie ad una nuova filosofi a e stili di vita, come una nuova modalità d’interpretare l’ascensore professionale. Per anni il vertice veniva raggiunto con una certa rapidità se le persone appartenevano a famiglie benestanti oppure a ruoli professionali d’élite. Per altri la salita è sempre stata dura.

Oggi l’ascensore sociale è anche “orizzontale” permettendo a una platea più ampia di ascendere verticalmente. La differenza è nella cultura, nella istruzione e nella formazione che permette di mostrare i propri talenti e di essere valorizzati con maggiori possibilità di crescita in ruoli strategici. La mobilità aumenta mettendo in crisi l’organizzazione ancora chiusa a modelli che vedono nelle linee gerarchiche verticali l’unica possibilità di successo e la cultura di disegnare il percorso di una società che vede nella condivisione il punto d’arrivo di un nuovo modo d’intendere la relazione tra le persone.

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