Acclamate Dio, voi tutti della terra
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 14 maggio 2023.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Commento
Continuiamo la lettura del capitolo 14 del vangelo di Giovanni. Troviamo in questi versetti il tema dell’amore verso Gesù, che è piuttosto raro nei testi del Nuovo Testamento. Il primo collegamento è tra amore a Gesù e osservanza dei suoi comandamenti. Nella bibbia l’amore non è prima di tutto un sentimento ma ha a che fare con le decisioni del cuore e i relativi comportamenti. Perciò Gesù dice «se mi amate, osserverete i miei comandamenti» e ripete più sotto «chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama». Dobbiamo superare quello che noi sentiamo immediatamente essere un contrasto tra amore e comando: l’amore è spontaneo, libero e il comandamento è costrittivo. Dobbiamo capire bene cosa intende Gesù per comandamento. Il comandamento di Gesù non consiste primariamente in norme morali o singole prescrizioni ma si concentra nel comandamento dell’amore e implica uno stile di vita che sceglie il superamento di sé in una via di donazione verso Dio e verso i fratelli. Frutto di questo atteggiamento è l’unione che deriva dall’amore, che è un altro grande tema di queste pagine. I credenti sono una cosa sola non tanto perché condividono una medesima passione o sono d’accordo sul senso della vita, ma perché l’intima unione del Padre e del Figlio li raggiunge e li coinvolge fino a generare una profonda sintonia dei cuori. A noi resta la grande sfida di mostrare nella vita delle nostre comunità gli effetti visibili di questa unità donata.
Poi il discorso di Gesù continua, nello stile dei discorsi di addio, pensando al futuro e a ciò che rimarrà, volendo quasi prevenire vissuti di solitudine e di abbandono. Chi se ne va si preoccupa di ciò che lascerà ai suoi amici. Allora Gesù annuncia la venuta dello Spirito Santo, che qui chiama Paraclito che signifi ca difensore. Esattamente Gesù pregherà per il dono dello Spirito e questo ci ricorda il brano sulla preghiera di Lc 11,9-13: «chiedete e vi sarà dato … quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono».
Lo Spirito donerà la vita di Dio ai discepoli e li guiderà nel cammino della storia difendendoli dal rischio di sentirsi soli e abbandonati. Lo Spirito rimarrà come qualcosa di potente e di intimo nella vita dei discepoli guidandoli nel discernimento delle cose della vita, perché è Spirito di verità. Il mondo, che non ha fede e non si fida, non si accorgerà di niente e non potrà che vivere la sua autonomia come un desolante vuoto. Poi Gesù continua su questo tema della presenza e del non abbandono, dicendo «non vi lascerò orfani». Quando un rabbino moriva, i suoi discepoli erano detti orfani. Ma il maestro Gesù, nonostante la sua esperienza della morte, non lascia orfani. Proprio l’attraversamento della morte lo porterà a una vita che non tramonta, che si rifletterà anche sui suoi amici.
La presenza del risorto dà la vita a coloro che credono in lui e promette un’esperienza di comunione prima impensabile che unisce i poli dell’umano e del divino: «in quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi». Ciò che Gesù lascia in eredità è il dono di un mondo di relazioni di amore che rimane invisibile per chi non crede ma che diventa la realtà più vera per coloro che aprono il loro cuore alla fede nel Cristo Risorto. Se andassimo avanti a leggere ancora alcuni versetti, scopriremmo che a seguito di una domanda di Giuda, Gesù parla di una terza venuta, quella del Padre: «allora il Padre mio lo amerà, e noi andremo da lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Scopriamo allora che tutta la nostra vita è immersa nel dono della comunione con la Trinità, che anima la Chiesa e l’esistenza del cristiano.
L’opera d’arte
Maestro di Flémalle, Trinità, part. (1410 ca.), Francoforte sul Meno, Städelsches Kunstinstitut. “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità”. L’unione delle tre Persone della Trinità, a cui si riferisce Gesù, è ben rappresentata nella tavola qui fianco, attribuita al cosiddetto Maestro di Flémalle, attualmente identificato con il grande pittore fiammingo Robert Campin. Insieme ad altri due pannelli conservati a Francoforte, l’opera è ciò che rimane di un polittico di cui oggi non si conosce l’esatta provenienza ed è dipinta a grisaille, cioè a monocromo, rendendo le sfumature in toni di grigio.
Le tre figure sono collocate entro una finta nicchia: il Padre sorregge il Figlio esanime, come mostrandone il corpo all’osservatore; sulla spalla del Cristo è poggiato lo Spirito Santo sotto forma di colomba. Attraverso un accentuato chiaroscuro, i personaggi sono modellati quasi fossero statue di marmo. Questo sapiente uso di luci ed ombre contribuisce a creare un accentuato effetto espressivo, dando vita ad un dipinto che si è posto come uno dei punti di riferimento della scuola fiamminga quattrocentesca.