Che tempo che fu e il clamore mediatico che grida alle epurazioni
In Punta di Spillo, una rubrica di Bruno Fasani.
Chissà se nel prossimo martirologio dovremo fare posto anche per Fabio Fazio e Luciana Littizzetto. Dopo Che tempo che fa, siamo arrivati a Che tempo che fu. I titoli di coda ci dicono che dal prossimo autunno, dopo vent’anni in casa Rai a due milioni e mezzo l’anno, il nostro approderà ad altri lidi e ad altri compensi, che sembrano al rialzo rispetto a quelli della Tv di Stato.
Fabio Fazio è brava persona e un ottimo professionista e perderlo significa privarsi di un grande apporto mediatico, di contenuti e di ascolti. Un po’ meno con la signora, maestra di provocazione e volgarità. Ma il clamore con cui i media stanno presentando questa uscita dalla Rai ha tutto il sapore di una non neppure nascosta strumentalizzazione politica. “Cacciato”, “epurazione”, “mandato via”, “punito per le sue idee”… insomma, un vero e proprio progrom, per dirlo alla russa, ossia un’azione violenta e persecutoria verso chi rappresenta la diversità. Ma è proprio così? Forse sì, per dirla alla Salvini il quale, con la sua consueta eleganza, se l’è cavata con un “Belli Ciao”! O forse anche no. Il contratto di Fazio scadeva al 30 giugno. L’amministratore delegato uscente, Carlo Fuortes, non ha voluto gestire la faccenda, considerata spinosa, lasciando la patata bollente al suo successore. Fazio, che è tutto tranne che sprovveduto, ha preso le misure della situazione e s’è collocato altrove per tempo, garantendosi pagnotta e aura da vittima sacrificale.
Purtroppo non è bella cosa che ad ogni cambio di colore dei governi succeda questo, perché dietro alla faccenda sta un cattivo concetto della funzione del giornalista, il quale non è al servizio del padrone di tur-no, ma a quello più nobile di raccontare i fatti. Vocazione importante che spesso viene però smentita, non solo dai politici, ma dai giornalisti stessi. Basterebbe vedere con quanta facilità alcuni di loro si prestano ad assecondare il padrone di turno salendo sul carro per un posto al sole. Mi astengo dal fare esempi, ma chi è dentro agli ingranaggi, capisce immediatamente a quali piroette politiche si prestino alcuni.
Per il resto, in Rai, come in tutte le grosse imprese funziona da sempre il principio dello spoil system, ossia quel principio introdotto negli Stati Uniti all’inizio dell’’800, per cui, col cambio del governo si cambiavano anche gli alti dirigenti dell’amministrazione pubblica. Un principio diventato prassi in tutti i Paesi del mondo, compreso il mondo delle televisioni di Stato, e non solo in Italia. E se oggi, non senza una certa strumentalizzazione, vengono chiamate epurazioni i cambi operati dai governi di Centrodestra (penso al caso Biagi e al caso Santoro), non dimentichiamo che altrettanto hanno fatto i governi di colore opposto. Forse abbiamo la memoria corta se non ricordiamo, in tempi recenti, un certo Rocco Casalino, portavoce del governo Conte, e le sue manovre per piazzare in Tv persone fidate, affini per colore politico ed anche altro. Frequento la televisione da quasi trent’anni. Ho visto ascese inspiegabili e cadute ingiustificate. E non sempre, anzi raramente, per ragioni di merito. Con buona pace di chi teme che ora sia arrivato il Duce anche dentro la Rai.