Nelle aziende votate al successo, “I primi aiutano i secondi”
Il mondo del lavoro è il luogo in cui l’uomo si ritrova per esprimere la propria identità personale, professionale e sociale. Un desiderio d’identità per dare un senso alla vita, oltre il quotidiano, di riconoscerla come autentica, dal bisogno di pensare e di creare, al desiderio di vivere, di socializzare. Sullo sfondo di queste domande c’è una grande attenzione al benessere, come al malessere, al bisogno dell’imprenditore di produrre al medesimo desiderio di creare luoghi di lavoro felici dove “i primi aiutano i secondi” perché come cantava John Lennon “la vita è quella cosa che ti accade mentre sei occupato a fare altri progetti”. Vivere affermando la vita è un processo naturale che s’afferma con la volontà di orientarla, di non rimanere inerti innanzi alla sua complessità, una urgenza che smuove verso l’oltre, per superare quella sottile linea di confine che ci separa dagli altri. Perché affermo questo? Perché quando si osserva il presente si perde di vista l’intorno. Non ci si accorge chi è al nostro fianco che “chiede senza ricevere” perché sconfina oltre il nostro livello di necessità.
L’uomo è ancella del presente. Non sappiamo più chi veramente siamo, e chi vogliamo essere, non solo come società ma come essere e, come riporta Vito Mancuso nel suo libro “A proposito del senso della vita”: sappiamo alla perfezione cosa vogliamo avere, nulla di diverso dalla triade ricchezza-piacere-potere, sappiamo anche cosa vogliamo essere, e aspiriamo a quel ruolo, e alla posizione che ne scaturisce, ma non sappiamo chi vogliamo essere, quella pasta di essere umano con qualità, ideali e valori. È nell’essere, la vera natura del problema, dell’esserCi avrebbe detto il filosofo Martin Heidegger perché il “CI” posto alla fine della parola rappresenta un attraversamento che arriva al termine di un lungo percorso, di presa cosciente dell’identità personale che si avvicina alle seconde linee per dire: «CI sono». Tutto questo posto in relazione alla nostra comune esistenza di persone che condividono un percorso motivato dalla ragione, dal bisogno e dal desiderio d’identità sociale. Di essere riconosciuti per il valore e il senso della vita che ognuno ha ricevuto e che ad essa attribuisce l’habitus, il suo, il vestito che desidera indossare quando cammina ogni giorno sul dorso del tempo e s’affaccia al balcone della propria esistenza. Solo osservando le seconde linee, siamo in grado di esplorare un nuovo orizzonte, quella della diversità apparente, che non sono nemici, solo per il fatto che, forse, non hanno avuto le nostre stesse possibilità.
Potrebbe essere giunto il momento di chiederCi chi siamo alla luce degli eventi che caratterizzano la nostra vita quotidiana, intrecciata dalle linee trasversali della complessità alla quale è difficile dare una risposta nello stesso istante del tempo, che comprenda tutte le prospettive dell’umana persona. Inoltre, se siamo disponibili, alla luce di quello che siamo, offrire agli altri la possibilità di leggere e di leggerSI. Ecco apparire la saggezza, che per il prof. Guido Traversa, rappresenta la capacità, sana e coraggiosa, nonché esemplare quanto serve, di mettere in atto l’azione giusta al momento giusto, di attingere l’apice dell’azione nel momento, e nei modi, che sono essenziali ad essa». Solo recuperando la filosofia di vita delle persone sarà possibile avviare un cammino interno nelle aziende alla ricerca di quelle dimensioni che rimangono nella persona protetta dalla maschera di Erving Goffman, un sociologo canadese naturalizzato statunitense, che afferma: «la maschera costituisce l’unico rimedio per evitare di esporre sé stessi al giudizio degli altri». «Per Immanuel Kant la ricerca della saggezza non è il frutto di un dono ma della volontà critica del pensiero umano. Ogni interesse della sua ragione si concentra nelle tre domande: che cosa posso sapere? che cosa posso fare? che cosa ho diritto di sperare?».
Queste tre domande sono al centro del nostro dibattito, i primi aiutano i secondi per fare squadra. Tutto questo ci porta ad una conclusione, che ho ritrovato nelle parole del filosofo canadese Lou Marinoff: ogni individuo ha una sua filosofia di vita. Il tempo purtroppo assorbe le singole quotidianità rendendo vano per l’individuo l’accesso al proprio essere tale, posto in relazione con la sua identità, per condurlo a porre l’orecchio alle frequenze non udibili per il mondo esterno, ma di fondamentale importanza per comprendere il suo intimo e portarlo alla riflessione. Le parole offrono l’opportunità di impostare il dialogo e agire sulla dimensione cognitiva della persona. Il dialogo è in grado di penetrare nella luce della razionalità per raggiungere quella dimensione dell’oltre che appartiene alle emozioni, tenute sempre in ombra dalla mente, pronta a filtrare le situazioni e a mostrarsi per quello che spesso non è. È l’istante che rende sazia la nostra esistenza, perché in continuo movimento verso l’oltre.
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