Novità sul fronte eutanasia in Olanda
Attualmente, in Olanda, esiste un desiderio concreto da parte del ministro della salute, di modificare il protocollo riguardo all’eutanasia dei neonati, estendendo la possibilità anche ai bambini di un anno di età sino ai dodici anni. Le linee guida eutanasiche olandesi riguardano i neonati fino a un anno mentre i bambini dai dodici anni in su rientrano nelle norme codificate nella legge valida per gli adulti. Rimarrebbe questo vuoto che non permette ai bambini, dai due ai dodici anni, di poter fruire dell’eutanasia nel momento in cui hanno patologie inguaribili accompagnate da dolori insopportabili.
Personalmente, conoscendo l’impianto legislativo eutanasico dei Paesi Bassi, non mi sorprende questo desiderio ma rimango stupito del fatto che Ernst Kuipers, ministro della salute, ha precisato come l’eutanasia riguarderebbe quei bambini che soffrono in modo insopportabile e che nemmeno le opzioni di cure palliative si sono dimostrate sufficienti per alleviare loro i sintomi. Questa frase è di una persona che non ha cognizione di causa. All’interno della medicina palliativa è compresa la possibilità della sedazione palliativa profonda che non ha nulla a che vedere con l’eutanasia ma allevia ogni tipo di sintomo e di dolore. Sembra quasi che l’idea sia mossa da una esclusiva spinta ideologica, orientata nel fare in modo che tutte le età possano fruire dell’eutanasia.
Mi ha colpito anche una risposta data da una lettrice che ha commentato questa notizia su un blog, scrivendo che chi inorridisce per questa scelta, chiamando in causa un Dio che non sopporta tali atrocità, non comprende che, lo stesso Dio, aveva già messo in conto la morte di quel soggetto, se non fossero stati utilizzati presidi tecnici avanzati della medicina. Questa frase è per dire che, in realtà, si fa la volontà di Dio se non ci si accanisce. Questo lo condivido in parte: se veramente le condizioni depongono per una prognosi infausta a breve termine, non c’è nessun motivo di utilizzare tecniche e farmaci che si configurano come un accanimento terapeutico, ma, se l’intervento della medicina cambia la prognosi e la spettanza di vita, allora vanno realizzate le scelte adeguate alla cura e alla sopravvivenza e comunque sia, mai dare la morte. Ancora una volta, anche da questo episodio, si evince come il fine vita, reso ancora più drammatico quando i pazienti sono bambini, è sempre un argomento che presenta diverse facce interpretative ed estremamente delicato.
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