Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 16 luglio 2023.
Dal Vangelo secondo Matteo
(Forma breve 13,1-9)
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti»
Commento
Iniziamo questa domenica a leggere il discorso in parabole di Matteo che seguiremo fi no alla fine di luglio. Occupa il capitolo 13 del vangelo e raccoglie molte delle parabole più note. Il capitolo comincia con Gesù che si siede in riva al mare, anzi prende una barca per spostarsi un po’ al largo e parlare meglio alla folla radunata sulla spiaggia. L’uditorio è costituito da una folla di persone, quindi in questo caso non solo dai discepoli. La prima parabola è quella del seminatore. In questo racconto ci sono alcune stranezze. La prima è che il seminatore usa una tecnica di semina un po’ sconsiderata perché getta il seme senza molta attenzione e, infatti, una parte finisce su terreni che non hanno speranza di dare frutto. Questa particolarità ci mette sull’avviso che il narratore ci vuole far notare qualcosa. Il seminatore, che è Dio, semina la sua Parola in maniera abbondante, quasi guidato da una straordinaria speranza che anche nei terreni più improbabili possa nascere qualcosa.
La speranza che l’uomo possa accogliere la Parola ha la meglio su qualsiasi considerazione realistica della sua condizione. Un seme viene sempre seminato nella nostra vita, cioè Gesù si dona sempre in modo da far fiorire in noi la vita. Ascoltando bene la parabola si nota l’importanza dei vari tipi di terreno e del fatto che il seme non sempre riesce a crescere. In fondo al centro del racconto non c’è solo il seminatore ma anche l’interrogativo sulle condizioni che portano il seme a fare frutto. Fuor di metafora ci si chiede perché la Parola di Dio tante volte non sia accolta e questa era un’esperienza vissuta della chiesa primitiva come lo è anche per noi oggi. Naturalmente, e la parabola lo fa notare, c’è anche il caso in cui la Parola è accolta e porta frutto anche in quantità sovrabbondante. La parabola termina con l’espressione “chi ha orecchi ascolti”, nel tipico stile di Gesù, che amava usare un linguaggio evocativo e un po’ indeterminato; solo più tardi ne verrà data una spiegazione.
A questo punto Matteo introduce un lungo intermezzo nel quale i discepoli chiedono perché Gesù parli in parabole e quasi non voglia farsi capire fi no in fondo. Il vero tema di questa sezione è il motivo per cui alcuni uomini rifiutano di accogliere le parole di Gesù. Il nucleo della risposta è la citazione di Is 6,9-10, un brano paradossale in cui il profeta è mandato a fare un annuncio che rivelerà l’indurimento del cuore del popolo. Come nel caso di Isaia, anche le parole di Gesù smascherano l’indurimento di molti cuori e contemporaneamente fanno emergere l’apertura interiore di coloro che accolgono il suo messaggio. Sono questi che Gesù dichiara beati, perché vedono e ascoltano ciò che i profeti da sempre avrebbero voluto vedere. Al termine, sempre in forma privata, cioè solo ai discepoli, spiega la parabola del seminatore. Si tratta di una spiegazione di tipo allegorico in cui ogni terreno diventa simbolo di una condizione esistenziale. Questa classificazione può aiutare anche noi a comprendere gli atteggiamenti che ostacolano la crescita della fede.
Il seme sulla strada chiama in causa il Maligno, dunque un potente intervento dell’esterno che ruba il seme e non gli permette di attecchire. Il terreno sassoso è invece simbolo di un entusiasta accoglimento che però si arena di fronte alle prime difficoltà, in particolare legate alla testimonianza e alla persecuzione, dunque difficoltà ambientali. Il terreno con i rovi è invece un terreno che soffoca il seme. Sono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza che sono qui chiamate in causa come elementi soffocanti. Riconosciamo in questi due temi altrettanti argomenti cari a Gesù che tante volte ne ha parlato. Le preoccupazioni del mondo spengono il vero desiderio dell’uomo e fanno morire il seme. Allo stesso modo le ricchezze rappresentano un desiderio deviato che quindi non porta a niente. Infine c’è chi porta frutto: si noti che le rese citate sono molto alte. Accogliere e comprendere la Parola suscita una ricchezza di vita e di amore che supera ogni aspettativa.
L’opera d’arte
Noël Bellemare, La parabola del seminatore, da La Paraphrase sur l’évangile de Saint Mathieu (1539), Parigi, Bibliothèque Nationale de France. Francesco I di Francia volle circondarsi a corte dei migliori artisti del tempo, fra cui Leonardo da Vinci. Di questo ambiente fece parte anche Noël Bellemare, pittore e miniaturista fiammingo, che, ad Anversa, assimilò lo stile di due scuole: quella manierista, ispirata ai grandi artisti del Rinascimento italiano, e quella dei paesaggisti. A Parigi, fra le altre opere, realizzò le illustrazioni per il volume della Parafrasi del Vangelo secondo Matteo di Erasmo da Rotterdam, tradotta e donata a Francesco I dal suo segretario René Fame. La parabola del seminatore è raffigurata seguendo alla lettera il Vangelo: partendo dal fondo, si vedono gli uccelli che si nutrono del seme caduto sulla strada; il seme germogliato sul terreno sassoso e subito seccato; quello caduto sui rovi e da essi soffocato; infine, quello caduto sul terreno buono, che ha dato vita a spighe rigogliose. Queste ultime guarda con soddisfazione il seminatore in primo piano. Sullo sfondo, il verde e dettagliato paesaggio rurale si apre ad una immaginaria città fortificata.