Saltini: “Il discorso del Papa mi ha colpito, l’arte non deve consolare ma inquietare”
Prosegue il dialogo con gli artisti, dopo Serena Daolio e Carlo Guaitoli è la volta del pittore carpigiano
Incontriamo Andrea Saltini nel suo studio-laboratorio, tra pennelli e colori, opere finite e bozzetti. Si lavora nella penombra perché il pittore così può cogliere le sfumature dei colori. Andrea non è solo pittura, l’abbiamo visto all’opera di recente nell’ultima edizione di Concentrico, come direttore di Concentrico Art e responsabile di Concentrico Factory (laboratori con studenti e adulti) che ha coinvolto decine di studenti delle superiori. Con lui proseguiamo il dialogo sul discorso che il Papa ha rivolto agli artisti lo scorso 23 giugno che è stata una bella opportunità per rilanciare il dialogo tra la chiesa e gli artisti, tra la fede e l’arte.
Saltini quali riflessioni collegate alla sua visione dell’arte e del ruolo dell’artista ha suggerito il discorso del Papa?
L’ho letto con molto piacere e subito l’ho collegato con Paolo VI, perché ricordavo di aver studiato che durante il Concilio Vaticano II disse la famosa frase “è venuto il momento di fare pace con gli artisti”. Si rivolgeva proprio a quella parte dell’arte contemporanea con la quale c’era stato questo distacco, anche se non era così in tante realtà ma probabilmente era più una situazione interna all’Italia. Infatti qualche timido tentativo di dialogo con l’arte contemporanea, soprattutto nella parte architettonica, c’era stato in Francia. Forse, è una mia deduzione, anche l’arte contemporanea doveva trovare un po’ se stessa, infatti nel tempo tante correnti sono finite in niente. Insomma quella pace era proprio necessaria.
Francesco è andato oltre questo dato storico e mi pare che abbia rilanciato con alcune “provocazioni” che hanno suscitato interesse…
Il discorso di Franceso, letto in modo approfondito, mi ha stupito perché parla di aspetti dell’arte che mi toccano, in modo particolare quando si riferisce alla responsabilità dell’artista. Non si tratta solo “di fare la pace”, il Papa va molto più in profondità e chiede all’artista contemporaneo di esercitare la responsabilità di offrire alle persone un nuovo modo di vedere la realtà, una via diversa. Il Papa parla di sogno, addirittura di sognare attraverso gli occhi, a mio modo di vedere è molto efficace e lo sento molto affine a quella che è la mia realtà e la mia ricerca. Poi affronta il tema della libertà dell’artista, lo invita ad essere un “bambino” ma però continuamente mette in guardia dall’inganno di ricorrere ai “trucchi” e qui parlo soprattutto per la pittura e per le arti figurative nuove che hanno sofferto, e un po’ soffrono ancora, anche a causa del mercato.
La bellezza a tutti i costi ricorre ai trucchi mentre invece occorre lasciare libero il genio creativo dell’artista?
Il Papa non propone un’idea di arte consolatoria, il vero senso dell’arte, lui dice, è anche quello di disturbare, gli artisti dovrebbero avere anche questo ruolo di disturbare e questo mi tocca molto da vicino se penso al mio excursus artistico. Ricordo che quando ero più giovane sfruttavo molto la provocazione nelle mie opere, perché ero giovane e ci stava, ma anche come pretesto di comunicazione, per innescare una reazione. Il pubblico quando si trovava davanti a una mia opera diceva “bello però è inquietante”. C’era sempre questa cosa dell’inquietudine e oggi quelle parole del Papa mi fanno capire che c’è una ragione per cui l’arte deve inquietare.
In che modo l’artista si dovrebbe porre davanti alla realtà? Abbiamo detto con responsabilità, con libertà, senza trucchi, per disturbare…c’è dell’altro secondo lei?
Porto l’esperienza recente vissuta nel periodo del covid quando c’erano i cantanti che si lamentavano pubblicamente perché non c’erano più i concerti, perché loro non si potevano esprimere…Lo stesso nel mio caso, sono un pittore, non potevo esprimermi in nessun modo, il mondo era fermo come potevo offrire, come dice il Papa, “un’altra visione” di quello che stava succedendo, poter far vedere anche la parte oscura e in quel momento c’era questa parte oscura che coinvolgeva tutti. Eppure il mondo si è fermato e mi dovevo fermare per forza anch’io con lui. Alcuni miei colleghi hanno iniziato a fare le figure con la mascherina, ma questo cos’è se non un rimarcare un fatto di cronaca che non appartiene più all’arte, è un’altra cosa. Altro aspetto che mi ha incuriosito è il riferimento all’ironia, tra l’altro inaspettato e dice che persino nella Bibbia c’è una vena ironica. Per quelle che sono le mie conoscenze della Bibbia devo dire che non è una chiave di lettura che avevo considerato però a distanza di tempo e così come l’ha proposta il Santo Padre mi ha aperto l’orizzonte a un qualcosa di nuovo.
Qui gli articoli degli artisti Serena Daolio e Carlo Guaitoli.