Con la firma una mano tesa per tutti
Un gesto che fa bene e che parte dal singolo per moltiplicarsi in opere e progetti rivolti alle comunità. Ne parla l’arcivescovo Erio Castellucci.
di Estefano Tamburrini
Dodici milioni sono le firme che, nel 2021, hanno scelto la Chiesa cattolica sostenendo oltre 15mila progetti diffusi nelle 226 diocesi della penisola. Oltre 1 miliardo di euro sono stati distribuiti fra le esigenze di culto e pastorale (158 milioni), l’edilizia di culto (109 milioni) sostentamento del Clero e gli interventi caritativi (150 milioni). Voce sempre più ricorrente in un tempo all’insegna delle emergenze, dove l’aumento delle fragilità è all’ordine del giorno. Ancor più difficile sarà il 2024, che sarà un anno dove la contrazione di circa 300 milioni dei fondi 8xmille non sarà priva di ricadute per le diocesi della Penisola. La speranza però non viene a meno: c’è semmai l’opportunità di una più autentica valorizzazione dell’azione della Chiesa universale, chiamata a manifestarsi nella prossimità locale. Ne parla l’arcivescovo Erio Castellucci, vicepresidente della Cei.
Quale vicepresidente della Cei, ha avuto la possibilità di incontrare più realtà diocesane. Stando alle opere realizzate, cos’è che accomuna la Chiesa universale?
L’attenzione alle necessità dei territori, attraverso progetti bene impostati, vagliati dagli esperti nazionali, risultati utili per le finalità missionarie che la Chiesa persegue: l’annuncio del Vangelo, la celebrazione dei sacramenti, la testimonianza della carità.
Vi è un tratto specifico che contraddistingue le Chiese di Modena e Carpi nella gestione e progettazione dei fondi 8xmille?
Non so se esista un tratto specifico, perché tutte le Chiese in Italia vivono situazioni molto simili. L’utilizzo dei fondi che sono messi a disposizione delle diocesi di Modena-Nonantola e di Carpi (per Modena negli ultimi tempi si è trattato di circa due milioni di euro all’anno, per Carpi circa un milione) comprende il fondo evangelizzazione e culto e il fondo carità – da noi è caratterizzato sicuramente dall’attenzione alle comunità (parrocchie, organismi diocesani, associazioni), per sostenere quella attività quotidiana che va a beneficio di tutti: l’8xmille alla Chiesa Cattolica non è – come qualche volta si fa credere – un privilegio per la Chiesa Cattolica, ma è una mano tesa a tutti, cattolici e non. Basta guardare le iniziative che vengono supportate, spesso in favore di persone che non avrebbero risorse per sostentarsi e crescere.
Con il suo viaggio in Madagascar, ha potuto toccare con mano un’altra traduzione concreta della firma di tante persone. Come tutelare e preservare l’impegno dei missionari e della Chiesa locale?
Ad Ampasimanjeva, in particolare, abbiamo toccato con mano la concretezza e utilità di uno dei tantissimi progetti missionari fi nanziati dall’8xmille: le diocesi di Modena e Reggio Emilia sono capofila del progetto di ristrutturazione e consolidamento dell’Ospedale “per i poveri” – così chiamato perché frequentato da chi non può permettersi le cure statali – che comporta l’assegnazione di circa 800mila euro. Abbiamo visitato tutti i reparti, constatato il progresso dei lavori, incontrato il personale, i ricoverati e le loro famiglie. Il cuore dell’Ospedale è la Casa della Carità, nella quale abitano anche i nostri missionari modenesi: Emanuele, Teresa e la loro piccola Ludovica Toky, insieme a Cecilia e Debora. L’obiettivo è quello di rendere gradualmente “autonomo” l’Ospedale, in modo che possa negli anni futuri svolgere la propria attività senza troppi aiuti esterni: e passo dopo passo questo sta avvenendo. Lo stile dei progetti Cei non è di semplice assistenzialismo, ma di promozione.
Opere di carità, tutela dei beni culturali, sostentamento del Clero e delle missioni. In che modo tutte queste opere beneficiano anche il resto della società?
Mi sembra abbastanza evidente per chiunque guardi la realtà. Le opere di carità sono a servizio di tutti, come dimostrano le parrocchie e le associazioni cristiane. I beni culturali sono pure a disposizione di chiunque ne voglia usufruire; e non sempre si pensa a quanto costino la manutenzione, il restauro e la custodia; il sostentamento del clero serve per rendere i presbiteri più liberi nella loro missione a favore di tutti e sull’utilità dei fondi alle missioni ho già detto. L’8xmille “solleva” in realtà le finanze dello Stato da spese che sarebbero molto maggiori, se dovesse accollarsi tutte queste voci.
Se la Chiesa siamo anche noi, in che modo può, una firma, rappresentare un atto di partecipazione?
La firma è certamente un atto di partecipazione, come e forse più dell’offerta che si dà a mano.
Cos’è che sta venendo a mancare nel dialogo tra Chiesa e società?
Il calo delle firme è dovuto sicuramente a qualche scandalo che – come in tutte le realtà umane – emerge ogni tanto anche nella gestione ecclesiastica dei beni, anche se spesso viene ingigantito dai media, perché la Chiesa ancora “fa notizia” (specialmente quando qualcuno sbaglia); c’è poi un oggettivo impoverimento medio delle famiglie italiane, specialmente durante e dopo il Covid; e c’è l’apertura di altre voci dell’8xmille, che amplifica il ventaglio delle destinazioni.
Si potrebbe invertire la tendenza?
Siamo fiduciosi e andremo avanti con quello che la Provvidenza ci offrirà. Se dovremo ridimensionare delle iniziative, lo faremo.