Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza
Commento al Vangelo a cura delle Carmelitane Scalze di Piacenza - Domenica 10 dicembre 2023
Dal Vangelo secondo Marco
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Commento
“Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme”. Questa seconda domenica di Avvento ci presenta la figura di Giovanni Battista. Giovanni, pur essendo figlio del sacerdote Zaccaria, aveva trovato Dio e la sua via lontano dal tempio, nel deserto. E il suo annuncio della possibilità del perdono dei peccati richiamava folle da tutta la regione. Perché? Cosa cercava quella gente? Cosa cerca oggi la gente? Cosa cerchiamo noi? Le parole di Teresa di Lisieux citate da Papa Francesco nell’Esortazione apostolica “C’est la confiance” possono offrirci qualche indicazione preziosa: «Nonostante la mia piccolezza, posso aspirare alla santità. Farmi diversa da quel che sono, più grande, mi è impossibile: mi devo sopportare per quello che sono con tutte le mie imperfezioni; ma voglio cercare il modo di andare in Cielo per una piccola via bella dritta, molto corta, una piccola via tutta nuova».
Teresa dice che aspira alla santità, quella che potremmo chiamare compimento della propria vita, ma si rende conto che tante cose la separano da questa possibilità di pienezza. Eppure non si scoraggia, anzi, scopre che il Vangelo, la buona novella è che Gesù è venuto proprio per questo, perché da soli non sappiamo come tenere insieme il nostro desiderio di salvezza e il nostro limite: «L’ascensore che mi deve innalzare fino al Cielo sono le tue braccia, o Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, anzi bisogna che io resti piccola, che lo diventi sempre di più». È quella che Francesco definisce “una delle scoperte più importanti di Teresina, per il bene di tutto il Popolo di Dio”, “la sua ‘piccola via’, la via della fiducia e dell’amore, conosciuta anche come la via dell’infanzia spirituale. Tutti possono seguirla, in qualunque stato di vita, in ogni momento dell’esistenza. È la via che il Padre celeste rivela ai piccoli (cfr Mt 11,25)”. Dio non ci chiede, ci insegna Teresa, di diventare altro da quello che siamo. La nostra salvezza, il nostro compimento, la pienezza di vita non è diventare diversi, al contrario, si tratta prima di tutto di accogliere noi e la nostra storia. È quello tutto ciò che abbiamo, anche tutto quello che abbiamo da offrire a Dio.
È quello a cui invita le folle Giovanni: il suo annuncio è proprio la possibilità di un battesimo, una purificazione che ci viene data e che ci offre il perdono. La via non è non essere piccoli, non sbagliare, non avere limiti, ma accettarli, amarli dirà addirittura Teresa, perché è lì che possiamo riscoprire il nostro essere figli, il nostro avere un Padre che è il vero e unico possibile compimento della nostra vita. La nostra salvezza, la nostra felicità non stanno nell’essere perfetti, nel raggiungere tutti gli obiettivi, ma nel vivere fino in fondo la nostra vita all’interno della relazione con un Padre che ci ama. È questo che conta.
Scrive ancora Teresa: «Ah, se tutte le anime deboli e imperfette sentissero ciò che sente la più piccola tra tutte le anime, l’anima della sua piccola Teresa, non una sola di esse dispererebbe di giungere in cima alla montagna dell’amore! Infatti Gesù non chiede grandi azioni, ma soltanto l’abbandono e la riconoscenza». L’abbandono e la riconoscenza sono la possibilità concreta, l’incarnazione di questa fiducia che rinnova la vita: “La fiducia piena, che diventa abbandono all’Amore, ci libera dai calcoli ossessivi, dalla costante preoccupazione per il futuro, dai timori che tolgono la pace. […] Se siamo nelle mani di un Padre che ci ama senza limiti, questo sarà vero qualunque circostanza accada, potremo andare avanti qualsiasi cosa succeda e, in un modo o nell’altro, si compirà nella nostra vita il suo progetto di amore e di pienezza” (C’est la confiance, n. 24)…
L’opera d’arte
Hieronymus Bosch, San Giovanni Battista in meditazione (1489 circa), Madrid, Museo Lázaro Galdiano. In questa seconda domenica di Avvento, in cui Giovanni Battista, precursore di Cristo, è protagonista del Vangelo, proponiamo di lui una raffigurazione inconsueta, alla maniera di Hieronymus Bosch, pittore olandese attivo tra la seconda metà del ‘400 e i primi del ‘500, celebre per i soggetti grotteschi e bizzarri con cui indaga sui lati più oscuri dell’animo umano. Vediamo qui San Giovanni in meditazione, disteso su di un fianco e appoggiato su un blocco di roccia, avvolto in un mantello rosso che, secondo gli studiosi, alluderebbe al martirio.
Il paesaggio è tutt’altro che desertico, immerso nel verde della vegetazione, in un contesto più onirico che reale. Accanto al Santo germoglia un gigantesco cardo delle cui bacche gli uccelli sono intenti a cibarsi, mentre sullo sfondo un folto bosco, dove si apre una radura abitata da alcuni animali, conduce lo sguardo in profondità, verso due fantasiose rupi. Ed è in questo stato di sogno più che di meditazione che, con gli occhi socchiusi, il Battista indica l’agnello, simbolo di Cristo, compiendo il gesto più classico della sua iconografia.