Chiesa gremita per le esequie di Federico Scacchetti. L’omelia di don Mauro Pancera
"A Federico diciamo il nostro ‘ciao’, che è la parola che si dice quando si ha la certezza che un giorno ci si rivedrà”
“Ci accostiamo in silenzio restando sulla soglia del rispetto, al dolore grande di questa famiglia che piange la morte di Federico; a loro si uniscono le lacrime di chi lo ha conosciuto, gli ha voluto bene, e ora soffre in questo momento di lutto”. Don Mauro Pancera, parroco di San Bernardino Realino, si è rivolto così ai familiari e alle tantissime persone che ieri erano presenti in chiesa per dare l’ultimo saluto a Federico Scacchetti, il 30enne giovane avvocato morto all’alba di venerdì 15 dicembre a seguito di un incidente stradale a Soliera, mentre stava percorrendo in macchina via Limidi, in direzione Carpi.
“Mi sono chiesto cosa avrei potuto dire oggi – ha proseguito don Mauro -. Niente. Anche la nostra lingua si ribella a quello che è successo. Noi diciamo che una persona può essere vedovo o vedova, orfano o orfana, ma non esiste in italiano una parola che racconti ciò che è successo. La perdita di un figlio, di un fratello non ha una parola. Niente posso dire se non lasciare che sia il Signore a farlo con la Sua Parola, che per chi ha fede, è l’unica in grado di portare consolazione. Allora insieme, proviamo ad aprire il nostro cuore a quel seme di speranza che Gesù ci offre. Abbiamo ascoltato nel brano di Vangelo queste parole: ‘Non abbiate paura: non è qui, è risorto!’. Nessuno di voi si immaginava che l’alba di venerdì scorso si sarebbe trasformata in un istante da una come tante in un giorno di buio sepolcro. Una pietra è stata calata sul cuore di chi ha appreso la notizia dell’incidente. Ed è giusto domandarsi: ‘Chi ci rotolerà via questa pietra dal sepolcro?’ ‘Chi può togliere il masso del dolore?’. Si cade nella paura, nello sconforto, perché improvvisamente una persona cara ‘non è qui’, non c’è più. Subito dopo arrivano quelle parole piene di speranza: ‘É risorto’”.
“Immagino che oggi molti si trovino davanti solo al ‘non è qui’, forse rafforzato anche dal fatto che tra qualche giorno avrebbe compiuto gli anni, dal fatto che questo Natale ormai alle porte sarà certamente diverso; ma questo sarebbe l’annuncio più triste del mondo se non fosse seguito dall’unica buona notizia in mezzo a un oceano di lacrime: siamo fatti per la resurrezione! Non abbiate paura: Cristo ha vinto la morte per ciascuno di noi. E non c’è pietra che non verrà rotolata via dai nostri sepolcri di dolore. ‘Non abbiate paura’. E nel dirvi questo, ho davanti agli occhi la fotografia di Federico riportata sui giornali. Corona d’alloro, cravatta rossa e quel suo sorriso che tanti in questi giorni hanno ricordato. Sarà proprio con quel sorriso che potrà raccontare a Dio di ciascuno di voi; quel sorriso che certamente resterà scolpito nelle vostre vite deve aiutarvi a non avere paura, a credere che dentro ad una bara non finisce tutto, ma ha inizio qualcosa di nuovo: è un mistero, sì. Ma questa è la nostra fede questa è la fede nella quale Federico è stato battezzato. Siete tanti oggi, qui. Tante sono state le manifestazioni di stima e affetto nei suoi riguardi. Ciascuno di voi allora porti nel cuore la memoria di ciò che Federico è stato nella vostra singola vita. Il bene che ha voluto e fatto non può morire, non viene sepolto, fa parte già ora di quella che noi chiamiamo vita eterna. Stefania, Alessandro, Cecilia, ‘Non abbiate paura’. Quando Federico era piccolo lo avete potuto tenere fra le vostre braccia. Ora è Dio che lo tiene in braccio, e non c’è luogo più sicuro di quello. Che il Signore vi conceda speranza, e vi doni la forza di continuare il cammino. Intanto gli consegniamo Federico come un dono più che prezioso facendo eco alle parole di papa Giovanni, il papa buono, che affacciandosi dal balcone della basilica di Loreto disse: ‘Siamo fatti di cielo. Ci soffermiamo un po’ qui, e poi riprendiamo la nostra strada verso la casa del Padre’. E a Federico, come è stato scritto anche su uno striscione dedicato dai suoi amici allo stadio diciamo il nostro ‘ciao’, che è la parola che si dice quando si ha la certezza che un giorno ci si rivedrà”.
Commoventi anche le parole della mamma Stefania: “Fede, è stato un grande privilegio e onore essere tua madre e metterti al mondo, e ora è un grande onore salutarti e accompagnarti nell’ultimo tuo viaggio. Sei il mio eroe – ha proseguito la madre – lo sei sempre stato. Ci ha insegnato tante cose: tu sapevi vedere oltre i difetti delle persone . Mi facevi ridere anche quando mi arrabbiavo; quando entravi in casa ti bastava guardarmi per chiedevi ‘Cos’hai?’ e a me bastava sentire il modo in cui saliti le scale per capire il tuo umore. Sei stato il migliore dei maestri; hai perseguito il tuo sogno, fino da quando avevi tre anni mi dicevi che volevo diventare avvocato come lo zio: hai trionfato ma te ne sei andato sul più bello». «Avevo già preso il tuo regalo per Natale e dopo una piccola discussione tra di noi volevo dartelo, ma ti hai voluto aspettare Natale. Ti avevo preso un orologio perché volevo regalarti il tempo, ma non vedrò mai quell’orologio molto polso. Quando eri piccolo mi chiedevi: ‘Mamma è vero che tu ci sarai sempre con me?’, ora te lo chiedo io: ‘Fede, è vero che ci sarai con me? Il dono che mio figlio ci ha lasciato per questo Natale è di abbracciarci più forte. Manteniamo Fede nel nostro cuore”.