Lavorare per una società etica
Etica della vita, una rubrica di Gabriele Semprebon
Qualche autore mostra come l’evento storico e politico che ha maggiormente segnato la vita attuale, è stato la fine del comunismo come forma di governo. Questo cambiamento ha inciso profondamente sulle convinzioni, sulle fondamenta culturali di ogni coalizione umana e di ogni singolo uomo. Benché le società in genere, ma, possiamo proprio pensare alla nostra società italiana, sia stata abituata da sempre alle tensioni, oggi, queste assumono un profilo molto importante, perché generano conflitti che toccano ogni ambiente, anche la stessa chiesa cattolica, portando a sensibilità maggiori da un versante o da un altro. È importante, se non fondamentale, interrogarci su ciò che tiene viva questa nostra cultura segnata da malesseri, tensioni e incomprensioni.
Ovviamente, dal nostro punto di vista, si comprende come questa connotazione renda difficile un sereno confronto bioetico. La responsabilità pubblica attualmente è messa a dura prova da un modo di fare che sempre più fa appello all’emotività, ai giudizi preconfezionati, ad un relativismo imperante. Assistiamo a trasformazioni nell’economia, nella politica e nella società che spingono, da un lato, verso una globalizzazione spensierata, dove il pensiero etico diventa annacquato e pressappochista mentre, dall’altro lato, ci si lega a interessi locali, personali e a un provincialismo vergognoso. Questo fa sviluppare una società che vive in condizioni di crescente incertezza, inficiando ogni volontà di poter delineare dei percorsi etici condivisi, abbassando l’energia e la voglia di intraprendere ricerche serie per confezionare obiettivi e percorsi, dialoghi costruttivi, confronti sinceri e rispettosi.
La sfida è grande e tuttora in corso, non dobbiamo dare per scontato nulla ma chi può, soprattutto per gli addetti ai lavori, deve essere lievito perché si ritorni ad avere quel vigore necessario a non coltivare il proprio orticello, a non accontentarsi di una logica superficiale, a non accodarsi a scelte condivise dalla maggioranza ma lavorare per ritornare ad avere solide basi nel formulare una bioetica condivisa e continuamente aperta al confronto. Sicuramente ciò porterà a non avere scelte univoche ma questo è il percorso corretto per rimettere in sesto una sensibilità etica, soprattutto nel campo della vita ma non solo, che ora fa acqua da tutte le parti.
Gabriele Semprebon