Intervista
Culturalmente
Pubblicato il Febbraio 13, 2025

Intervista a Claudio Imprudente

Culturalmente, rubrica a cura di Francesco Natale

Claudio Imprudente, autore per il Messaggero di Sant’Antonio dal 2007 ad oggi, scherza col suo cognome e definisce il suo stile leggero e ironico come “imprudente”. Proprio con questo stile racconta la disabilità e la rende protagonista dei suoi interventi. Nel suo nuovo libro “Scritti imprudenti” (Edizioni La Meridiana, 2024) sono raccolti i suoi interventi per il Messaggero di Sant’Antonio.

Essere “imprudenti”, ai giorni nostri, è un bene o un male?

Dipende dai contesti: a volte bisogna essere imprudenti, nel senso di osare. Credo che abbiamo perso questa capacità perché siamo sopraffatti dalla paura del giudizio altrui. Ad esempio: io oso quando sostengo, alzo lo sguardo tutte le volte che gli altri mi guardano. So bene perché lo fanno: sono una persona con disabilità e la disabilità, come la diversità in generale, fa paura perché rappresenta il limite umano. Mi sono fatto una domanda liberatoria: “Di chi è il problema?”. Mio no, certamente! Perché la mia identità è questa. Praticamente sono imprudente perché riduco le distanze, e questo cambia il modo di vedere la disabilità. Sostenere lo sguardo non è semplice, ma è necessario perché mi permette di entrare in relazione e di ridurre le distanze. Bisognerebbe passare dalla logica dell’odiare alla logica dell’osare.

Come è nata la collaborazione con il Messaggero di Sant’Antonio?

La collaborazione con il Messaggero nasce più di quindici anni fa. Avevo scritto un articolo, dal titolo “Salve, sono un geranio” che loro hanno letto e pubblicato. Subito dopo, mi hanno contattato per propormi di scrivere per la rubrica “Diversa-mente” della loro rivista. Da allora, tutti i mesi scrivo un articolo e questo non è affatto scontato! Dunque, il mio ultimo libro non è altro che una raccolta di tutti gli articoli che ho scritto finora.

In “Scritti imprudenti” affronti il tema della disabilità in maniera talvolta leggera e ironica. Perché hai deciso di dare questa impronta ai tuoi testi su un tema così complicato?

Intanto, per me l’ironia è fondamentale a prescindere dalla disabilità: mi permette di sdrammatizzare le situazioni più complesse, quindi per me è uno stile di vita. Poi sicuramente la mia condizione rafforza questo mio atteggiamento, e modo di approcciarmi, ma in generale, sono fermamente convinto del fatto che l’ironia salverà il mondo! Bisogna sapersi divertire nella vita: non a caso i termini diversità e divertimento hanno una radice in comune, che significa “volgere lo sguardo altrove, cambiare strada”.

Si parla molto di disabilità, ma la politica e la società stanno facendo abbastanza? Cosa si potrebbe fare di più?

Per me il termine politica non significa solo avere un orientamento partitico, ma prima di tutto “prendersi cura della polis”, dunque, avere cura dei contesti di fiducia che fanno parte della vita della persona con disabilità. Adesso va tanto di moda affermare: “Facciamo la politica della disabilità, dell’inclusione ecc.”, ma non ci si prende cura abbastanza della città, dei suoi spazi, non considerando che questi sono vissuti e attraversati da tutte e tutti, quindi anche da persone con disabilità. Partiamo col compiere azioni concrete nel “micro”, prima di pensare in grande. Questa per me è politica.

Come la disabilità può essere vista come valore aggiunto e non come un qualcosa che limita l’uomo?

Quando le persone con disabilità sono protagoniste della propria vita, si assumono delle responsabilità, di conseguenza, diventano fautrici di un cambiamento culturale e politico. “Scritti Imprudenti” vuole essere un tentativo di lasciare una traccia in tal senso.

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