Lavoro e carcere, opportunità di riscatto
Un convegno dell’Ucid provinciale analizza i benefici delle imprese entro gli istituti di pena
di Maria Silvia Cabri
“Lo stabilimento all’interno del carcere”: questo il titolo del convegno promosso dalla sezione provinciale Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) di Modena, che si è svolto il 20 febbraio nella sede di Confindustria Emilia. Come spiega il vice presidente Ucid Modena, Gabriele Carboni, “sono stati analizzati il rapporto tra impresa e carcere e i progetti di reinserimento lavorativo all’interno degli istituti penitenziari, quale opportunità per i detenuti, anche al fine di evitare, una volta liberi, di ricommettere reati”. Sono stati portati ad esempio dei casi virtuosi del territorio, che hanno “trasformato la detenzione in luogo di speranza per un futuro di lavoro fuori dal carcere”. La Cooperativa Sociale Eortè, con la direttrice Valentina Pepe, ha illustrato il laboratorio gastronomico “Sant’Anna – Artigiani della pasta”, nel carcere di Modena, dove pasta fresca, biscotti e prodotti da forno diventano testimonianze di un percorso di rinascita per-sonale e professionale. “Fare Impresa in Dozza” (FID) è un progetto attivo da dodici anni entro il carcere di Bologna, dove è nata un’azienda di lavorazioni meccaniche: iniziativa innovativa che unisce formazione e reintegrazione sociale per i detenuti. Come ha spiegato Maurizio Marchesini, presidente Marchesini Group, vicepresidente Confindustria e presidente della Fondazione “Fare Impresa Dozza”, il progetto, nato dalla collaborazione tra grandi aziende del packaging – IMA, G.D e Marchesini Group – e successivamente sostenuto da FAAC, ha l’obiettivo di fornire ai detenuti competenze tecniche specifiche e abilità relazionali utili per un possibile reinserimento nel mercato del lavoro. Infine, il direttore Giorgio Sgarbi ha raccontato l’esperienza del laboratorio “Coopattiva” all’interno del carcere di Modena: un reparto di assemblaggio che offre ai detenuti un’opportunità concreta di formazione e lavoro, in linea con il principio del “fine rieducativo della pena”. La stessa Chimar, del presidente provinciale Ucid, Giovanni Arletti, in passato ha accolto un carcerato che poi, tornato in libertà, è stato assunto nello stabilimento di Parma.