Il
In punta di spillo
Pubblicato il Luglio 18, 2025

Il soldato fanfarone Maga che prometteva sfracelli ma soltanto a chiacchiere

In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani

Un amico, prolifica penna e dotto osservatore, ha chiamato Trump col nome del protagonista di un’opera di Plauto, il Miles gloriosus, scritta a cavallo tra il III e il II secolo avanti Cristo. Il nome è Pirgopolinice, che è una sommatoria di pirgos (torre), polis (città) e Nike (vittoria). Di solito viene tradotto con soldato fanfarone, ma andrebbe bene anche sbruffone, ciarlatano, spaccone, montato… e fermiamoci qui con i complimenti perché il peccato, da veniale, non diventi più grave. Pirgopolinice, nell’opera di Plauto, è uno che vanta doti straordinarie. Almeno a parole, dice di essere capace di conquistare il mondo. Insomma, che lo si travesta da papa, da Superman o lo si proponga al Nobel per la pace, ancora ci troveremmo con vestiti troppo angusti per la sua auto considerazione. Però, però, non tutto è oro quello che brilla, anche perché dalle mie parti si dice che “con le ciacole no se impasta fritole”, ossia con le chiacchiere non si fanno fatti.

Plauto ci racconta che Pirgopolinice alla fine sarà fatto fesso da uno schiavo umile e intelligente che gli porterà via la ragazza che lo sbruffone aveva rapita, lasciandolo di stucco e in braghe di tela. Pirgopolinice d’Oltreoceano è arrivato al potere da pochi mesi, tentando di accreditarsi al grido del MAGA, un peana di guerra e di vittoria, per dire Make America Great Again, fa di nuovo grande l’America. Ha promesso sfracelli: annettersi la Groenlandia, assoggettare il Canada, appropriarsi del Canale di Panama. Ha promesso la fine delle guerre in 15 giorni. Per Gaza un po’ di tempo in più, giusto quello necessario per allestirla come una nuova Costa Azzurra. Insomma, Pirgopolinice d’Oltreoceano sembrava oscurare la memoria di Mida, re di Frigia, quello che trasformava in oro tutto ciò che toccava. Un mito capace di far sognare gente di tutti i tempi ma subdolamente attento a non raccontare agli entusiasti dell’ascesa di Trump che il povero re Mida finì suicida davanti al crollo del suo regno e delle sue ricchezze.

Nei giorni scorsi Pirgopolinice ha comunicato all’Europa che d’ora in poi tutte le merci che si vorranno esportare dalle sue parti dovranno pagare un dazio del 30%. Poi lo sbruffone, per cercare di intimorire, con tono tra il ricattatorio e il vendicativo, ha aggiunto che qualora da noi si cercasse di contenere il danno, egli sarebbe pronto a raddoppiare la posta. Personalmente sono esperto di economia come potrei esserlo di ostetricia, però un’idea me la sto facendo su quanto sta accadendo, sperando che qualche esperto vero non mi tiri le pietre, ispirato dalla canzone dell’Antoine dei miei anni giovanili.

L’America, negli ultimi anni, ha accumulato un debito pubblico spaventoso. Oggi si parla di 36 mila miliardi di dollari, che potrebbero diventare 40 mila qualora Pirgopolinice dovesse mantenere le promesse fatte in campagna elettorale. Ora questo debito è verso moltissimi acquirenti stranieri che hanno comprato Fondi che costano al governo americano circa 1000 miliardi di interessi ogni anno. L’Europa ne possiede complessivamente 2,7 miliardi di miliardi, 1,06 il Giappone, 1,01 la Cina. Spaventare gli Stati con i dazi, mettendo in crisi le economie locali, potrebbe essere un invito a rinegoziare il debito americano con rimborsi fra cent’anni. Troppi per non vedere la fine del nuovo re Mida, Pirgopolicene fanfarone.

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