La complessità di situazioni che si nasconde dietro il fenomeno dell’immigrazione
In punta di spillo, una rubrica di Bruno Fasani
Chiedo a un missionario comboniano la sua opinione sul fenomeno immigratorio e come potrebbe essere gestito per evitare di finire nell’ormai logora filastrocca della Sinistra che spalanca le porte e della Destra che cerca di sbarrarle. Sorride, prima di dirmi che siamo solo all’inizio di un fenomeno che, in futuro, avrà una consistenza oggi impensabile. Guardare in faccia la realtà e cercare di gestirla con equilibrio e lungimiranza è l’unica saggezza richiesta oggi alla politica, per non arrivare impreparati ed evitare conflitti non immaginabili. Sono due le cause, mi dice, che portano ad andare in questa direzione. La prima è la denatalità dell’Europa. Ormai i dati parlano da soli. Nel giro di pochissimi anni, se vorremo dare sostenibilità al benessere delle nostre economie, agricole, industriali e sociali, sarà indispensabile la manovalanza di moltissimi immigrati.
La seconda causa è che la gente scappa dalle proprie terre, non solo a causa delle guerre che sono sotto gli occhi del mondo, ma per mille altre cause, che conoscono solo quelli che ne portano le cicatrici nella carne. Mi parla soprattutto dell’Africa, che è il continente che conosce meglio per averlo vissuto da una vita. L’Africa è ricchissima, mi dice. Non è povera. Tutt’altro, ma l’hanno impoverita. Mi invita a guardare su Google Map la città di Durba in Congo. Un insieme di crateri, dove hanno scavato per cercare l’oro, è lì a mostrarci che migliaia e migliaia di persone hanno dovuto andarsene, come randagi in cerca di un nuovo destino. E questo ha finito per creare nuove povertà, disperazione, separazione dei bambini dalle loro famiglie, un esodo disumano e senza futuro. Il fatto è che il governo a fronte dei dollari sonanti di qualche multinazionale ha lasciato fare, come se la presenza umana fosse stata solo una piccola noia. La Chiesa cattolica locale ha protestato contro la distruzione dei suoi luoghi di culto. Per metterla a tacere, le hanno permesso di costruire una nuova cattedrale dieci chilometri fuori dalla città. Ora hanno scoperto che sotto la nuova chiesa c’è un giacimento di oro, per cui anche da lì bisognerà andarsene lasciando il posto alle ingordigie degli stranieri.
Alla gente non resta che salire sul carro della miseria. Qualcuno insegue un sogno, l’Europa o l’America, ma per i più indifesi la disperazione resterà l’unica compagna di viaggio della vita. Provo a immaginare cosa sarebbe di noi se, da un giorno all’altro, ci dicessero di andarcene dalle nostre case, senza offrirci un’alternativa, senza un governo che ci tuteli. Nulla, alla stregua dello sgombero di una cantina di robe inutili e ingombranti. Mi dice il missionario che moltissimi minori, in queste situazioni, finiscono per essere separati dalle loro famiglie, condannandoli a vivere di espedienti nelle grandi città. Bambini passati dal calore di una capanna alla spietatezza della malavita che ne distrugge l’anima e il futuro. Bambini che, avvicinati dalla pietà dei missionari, chiedono una sola cosa, poter studiare. La cultura come emancipazione, come speranza, come possibilità di un domani dai colori diversi. Tutto questo solo per ricordarci quanto e cosa si nasconde dietro una barca che approda a Lampedusa.