Vescovo Tinti, pastore e padre
Ad un anno dalla morte la Chiesa di Carpi ricorda l’amato vescovo Elio Tinti
di Andrea Beltrami
È trascorso, ormai, quasi un anno da quel 24 settembre 2024 quando il campanone della cattedrale annunciava il lutto per scomparsa del vescovo emerito Elio; le stesse campane che il 24 settembre 2000 suonavano a festa per il solenne ingresso in diocesi, e la presa di possesso canonico, di monsignor Tinti. Fin dal primo approccio che abbiamo avuto, appena dopo l’annuncio, in occasione di una visita di saluto presso il Seminario regionale di Bologna, ho avuto l’impressione di una persona mite e saggia, legata alla sua terra d’origine e alla sua famiglia, pronta a impegnarsi con sollecitudine e slancio nella sua missione di pastore nella diocesi di Carpi. Pur manifestando una certa sofferenza nel lasciare i suoi seminaristi, ai quali è sempre rimasto legato e a favore dei quali ha sempre dichiarato di affidare le sue sofferenze al Signore, dal suo volto traspariva l’entusiasmo di conoscere la nuova realtà della chiesa particolare di Carpi e di spendersi per il suo bene e la sua crescita spirituale.
Sapeva ringraziare e apprezzare il lavoro svolto dai collaboratori e dalle persone interessate, alle quali affidava con fiducia e convinzione incarichi e mansioni per meglio gestire le attività e raggiungere pastoralmente più persone e luoghi possibile. Prudente ed equilibrato nelle decisioni e nelle azioni sapeva custodire l’essenziale e farne una solida base di lavoro e studio, libera da inutili orpelli e fronzoli ritenuti fuorvianti e distraenti non finalizzati al bene delle azioni concrete e vere. Coltivava pure un grande senso di amicizia tra i presbiteri, i confratelli vescovi e le persone. Piacevoli le escursioni sull’appennino bolognese durante le quali non mancava di fare tappa a Lizzano in Belvedere (dove trascorreva anche un breve periodo di pausa estiva), Pianaccio e Monte Acuto, luoghi a lui molto cari perché lo hanno visto impegnato nei primi incarichi pastorali come parroco. Durante questi momenti monsignor Tinti si abbandonava al ricordo di un ministero parrocchiale ricco e proficuo, che diceva avere affrontato con la carica di prete giovane e lo slancio che caratterizza ogni inizio. Questa energia è stata mantenuta anche negli anni di episcopato carpigiano: tante le iniziative e le opere compiute, le missioni popolari le visite pastorali che hanno confermato il desiderio, espresso fin dai primi mesi, di condivisione e partecipazione delle singole parrocchie e realtà ecclesiali nella vita della diocesi; sempre ha privilegiato il dialogo con i sacerdoti e i collaboratori, incontrando tutti coloro che gli chiedevano udienza.
La settimana era scandita infatti dall’ufficialità degli appuntamenti ma anche dai tanti momenti dedicati alle persone, che Monsignor Vescovo cercava di ritagliare, anche in orari non canonici, per ascoltare e soddisfare le singole richieste di colloquio. Grande rilevanza ha dato ai laici collocandoli alla direzione di uffici, continuando l’opera del predecessore di rinnovamento della Curia nelle strutture e nelle persone. Dopo giornate intense e faticose si ritirava nella sua abitazione dove trovava ad accoglierlo la cognata Angela (moglie del fratello Guerrino, venuta a Carpi dopo la scomparsa del marito). Anche in casa del Vescovo si respirava un clima di cordialità e di accoglienza, sincera e autentica nei gesti e nelle attenzioni riservate all’ospite. La vita di monsignor Elio è stata gravata da tante sofferenze, iniziate con lutti in giovane età (la prematura scomparsa del padre) e durante i primi anni di ministero (un grave incidente lo costrinse a mesi di riposo), la morte di tre seminaristi, la scomparsa della nipote; a tutto ciò si aggiunge la malattia fisica che “don” Elio ha sempre affrontato con dignità e forza offrendola al Signore per i suoi ragazzi.
Seppure impedito e stanco, non rifiutava alcun impegno pastorale, desiderando essere vicino alla sua Comunità della diocesi carpense a lui affidata e alla quale voleva un gran bene, bene ricambiato dalle tante attestazioni di affetto e riconoscenza che ancora si possono testimoniare. L’attaccamento alla sua “sposa” lo ha dimostrato anche nelle ultime volontà, esprimendo il desiderio di ritornare a casa, ossia di riposare nella nostra cattedrale accanto ai predecessori. E così è stato.