Dialogo con mons. Gildo Manicardi sul sacerdozio oggi
La formazione dei seminaristi, le resistenze ad aprirsi alle esigenze dei giovani preti: «Identità comune da plasmare»
di Luigi Lamma
Lo scorso mese di maggio, in occasione dei festeggiamenti per il Patrono di Carpi, sono stati ricordati i 50 anni di sacerdozio di monsignor Ermenegildo Manicardi, attuale vicario generale della diocesi di Carpi. Nel mese di luglio, abbiamo gioito insieme alla comunità di Concordia per i 90 anni di don Franco Tonini e per il suo lungo e fecondo ministero come parroco. A fine agosto a Mirandola, il dono di un’ordinazione sacerdotale di un giovane di origini congolesi, appartenente ad una congregazione religiosa. Infine nelle ultime settimane il ricordo grato nella preghiera di sacerdoti di cui è ancora molto viva la memoria nel popolo di Dio della diocesi carpense, come don Francesco Cavazzuti, don Angelo Chiossi, don Lino Galavotti, don Giuseppe Tassi… Limpidi esempi di preti santi, vite donate senza misura a Dio e ai fratelli. E’ una premessa necessaria per inquadrare il nostro dialogo con don Gildo che ci spinge ad aprire lo sguardo sulla realtà del sacerdozio oggi a partire dalla sua esperienza e dalle responsabilità ricoperte e, soprattutto, nella prospettiva dell’unificazione delle due diocesi.
Don Gildo sei stato ordinato pochi anni dopo la fine del Concilio Vaticano II con quale stato d’animo o consapevolezza del cammino che aveva intrapreso la Chiesa hai pronunciato il tuo “sì per sempre”?
Fui ordinato nella Pentecoste del 1975 a dieci anni dalla fine del Concilio (1965). La stella polare era allora l’aggiornamento conciliare, per me come per moltissimi giovani preti presenti attivamente nella Chiesa. Nella classe di prima teologia alla Gregoriana di Roma a ottobre 1969 eravamo più di 330 seminaristi! Oggi la stella polare di un giovane prete potrebbe/ dovrebbe essere un vero “stile sinodale”, che a Carpi e Modena è diventato urgente nella forma della nuova unificazione diocesana, che ci è richiesta in vista di una pastorale territoriale adatta al futuro. Forse il numero dei preti è ridotto (dei giovani ridottissimo) proprio perché si dovrà lavorare sinodalmente, ossia con tutti. Laici e laiche dovranno avere un ruolo ben più incisivo e responsabilizzato. Nel 1975 la consapevolezza del momento era piuttosto diffusa, anche se non erano assenti tendenze non del tutto equilibrate.