Diocesi. Castellucci: “l’unificazione va costruita nella comunione e senza presunzioni”
Forte richiamo all’unità all’interno delle comunità ecclesiali. La pace va costruita dal basso ma spiace rivedere la religione strumento del potere
Luigi Lamma
Per quanto riguarda l’impegno per la pace “sarebbe molto artificiale e anche, direi molto comodo, chiedere la pace nel mondo” e non ricercare il dialogo e la concordia dentro le nostre comunità, ha affermato il vescovo Erio Castelucci, a margine dell’assemblea interdiocesana che si è svolta questa mattina a Modena e dove si è ricordato il decimo anniversario dell’ordinazione episcopale. “I due aspetti sono legati – ha proseguito – la pace nel mondo, il grande desiderio, il grande bisogno di pace che c’è, ci richiama anche a recuperare questa dimensione dentro le nostre comunità cristiane. Per noi poi, in particolare in questo momento di cammino di unificazione tra Modena e Carpi significa anche cercare sempre di più delle modalità di accordo, di concordia, di collaborazione, anche attraverso la riorganizzazione che è in atto”.
Sul tema del rapporto tra le religioni e i conflitti in corso con il rischio di radicalizzazioni e di estremismi per mons. Castellucci “è certamente molto spiacevole che in alcuni momenti, in alcuni luoghi, la religione sia asservita a strumenti di potere. Che spesso poi sfociano in violenze. Penso per esempio all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia che è stata in qualche modo legittimata dal patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. Una cosa ovviamente contraria al Vangelo. Penso anche all’operazione dei “Carri di Gedeone” con il quale il Presidente del governo israeliano ha voluto dare una sorta di fondamento biblico all’evasione di Gaza…quindi questo è spiacevolissimo perché speravamo di avere archiviato la visione della religione come instrumentum regni, invece ogni tanto ritorna in maniera strumentale”.
Ritornando sul percorso dell’unificazione tra le diocesi di Modena e di Carpi, ampiamente trattato anche nell’intervento all’assemblea, il vescovo Erio ha dato motivazione di tanta determinazione nel sostenere l’importanza di uno spirito di comunione e collaborativo. “Ci sono dei moti di resistenza che secondo me non hanno molto senso, sono comprensibili. perché ogni volta che c’è un cambiamento c’è sempre una resistenza, la paura di perdere qualcosa. Però – ha sostenuto don Erio – questo è proprio il momento di mettere in comune. Ci rendiamo conto che mettendo in comune si aprono delle strade nuove. A volte anche all’interno delle nostre singole comunità, come le parrocchie, ci sono prese di posizione individuali, magari da parte di chi ritiene di avere raggiunto, può anche darsi che l’abbia raggiunta, una sua convinzione che deve valere per tutti, ma poi non trova il modo di confrontarla e maturarla insieme agli altri e quindi la sbatte in faccia come verità assoluta. Poi ci sono situazioni che vanno oltre la realtà locale, come ad esempio la presenza di una frangia ultra-tradizionalista che adesso si è leggermente acquietata dopo la morte di Papa Francesco, ma che ancora sonnecchia e che in passato è intervenuta spesso in modo verbalmente violento, sbattendo in faccia agli altri le proprie convinzioni. Tutto quello che non è maturato insieme e che si ritiene presuntuosamente di avere raggiunto in proprio, secondo me non è ecclesiale, non dico, non è sinodale, non è proprio ecclesiale”.