Il
In cammino con la Parola
Pubblicato il Ottobre 16, 2025

Il mio aiuto viene dal Signore

Commento al Vangelo di domenica 19 ottobre

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi” ». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Commento

A cura di Padre Pasquale Cormio

Contro la stanchezza dello spirito

Il racconto di Gesù porta sulla scena un giudice, che esercita la giustizia in modo disonesto e abusando del suo potere, e una donna vedova, indifesa, esposta alla povertà e alla precarietà. Il giudice dà prova della sua arroganza quando dichiara di non temere Dio né di avere riguardo per alcuno, mostrando di disprezzare il comandamento dell’amore per Dio e per il prossimo (cfr. Lc 10, 27). La vedova, che chiede ripetutamente giustizia, dispone solo di costanza: invoca, spera e attende, pur scontrandosi con l’indifferenza e l’ostilità del giudice. Essa continua ad importunare il magistrato, perché sa che prima o poi sarà esaudita. L’insistenza della donna induce il giudice ad un confronto con se stesso: egli decide di assisterla solo per liberarsi di un fastidio, per non essere importunato ulteriormente.

Al racconto parabolico segue l’istruzione morale. Gesù richiama l’attenzione degli uditori – e di noi lettori – all’ascolto attento delle parole che seguono. La prima di esse è attinente al comportamento del giudice, così come evidenzia sant’Agostino: “Se quel giudice iniquo ascoltò quella vedova per liberarsi della sua importunità, non ascolterà Dio la sua Chiesa che ha esortato a pregare sempre?” (Comm. al Salmo 131, 23). Gesù intende esaltare la prontezza di Dio Padre nel soccorrere quanti a lui si rivolgono e per farlo ricorre ad un argomento a fortiori: se un giudice empio si è fatto promotore della causa della vedova solo per un torna-conto personale, quanto più Dio, Signore misericordioso e giusto, sarà sollecito nel fare giustizia ai suoi eletti. Dio Padre, infatti, agisce per un unico interesse: l’amore per i suoi figli!

La vedova, da parte sua, è modello per i discepoli del modo di pregare: la sua forza è riposta nella tenacia e nell’ostinazione, che vince l’avversario per sfinimento. Qualità indispensabile della preghiera è rimanere saldi nel tempo della prova, fedeli nella nostra relazione con Dio, anche nei momenti in cui, di fronte al silenzio di Dio, si potrebbe cadere nello scoraggiamento.

Agostino ha legato la preghiera senza sosta al tema del desiderio: “Il tuo desiderio è la tua preghiera: se continuo il desiderio, continua è la preghiera” (Comm. al Salmo 37, 14). Il desiderio di Dio è l’anima della preghiera. Il tempo di attesa dei beni richiesti e le prove da affrontare concorrono alla purificazione della preghiera, a renderla più ardente e a dilatare il cuore alla carità per accogliere Dio. Quanto più si desidera Dio nella propria vita, tanto più il desiderio stesso, che si fa preghiera, allarga la capacità dell’anima, così da vivere con un orientamento totale del nostro spirito verso Dio. Il Signore “ti tiene in serbo ciò che non vuol darti presto, affinché anche tu impari a desiderare grandemente le cose grandi” (serm. 61, 5.6).

Alla domanda di Gesù: se il Padre farà forse aspettare a lungo i suoi figli, non può che seguire una risposta negativa: No, Egli interverrà prontamente, senza troppi indugi. La paura di perdere la speranza di fronte ad attesa prolungata non si allontana dal nostro cuore, per cui occorre dimostrare pazienza nei confronti dei tempi di Dio, il quale opera secondo vie e modi a lui solo noti.

Il vangelo si chiude con una domanda che ci interpella personalmente: nel momento della parusia, della sua venuta finale, il Figlio dell’Uomo troverà ancora la fede sulla terra? Alla preghiera è dunque strettamente legata la fede: se saremo capaci di coltivare una preghiera incessante, anche la fede sarà custodita ed accresciuta in noi; analogamente, rafforzandosi la fede, godremo del desiderio di una preghiera che rinnovi la nostra vita, rivolta al futuro di Dio, all’avvento del suo Regno di giustizia e di pace.

È necessario pregare sempre, senza stancarsi. La vedova non aveva altro mezzo per ottenere la giustizia che le spettava, al di fuori della supplica insistente al giudice. Il giudice iniquo, che non voleva farle giustizia per favorire il potente avversario di lei, alla fine decide di assecondarla per non essere più importunato. Tante volte Dio sembra non ascoltare il giusto che lo supplica. In realtà Dio ascolta sempre, anche quando non concede subito quanto il giusto che “grida” domanda. Le vie di Dio non sono le nostre vie, i suoi tempi non sono i nostri. Dio esaudisce prontamente, al giusto momento, coloro che gridano giorno e notte verso di lui. Dio ritarda perché vuole dare tempo ai cattivi per pentirsi e salvarsi. Se non trovi il tempo per pregare, non trovi neppure il tempo per lavorare. Come fai a dare il senso di Dio se non ti nutri del senso di Dio?

Don Oreste Benzi (Tratto da “Pane Quotidiano, Sempre Editore”)

L’opera d’arte

Caravaggio, San Francesco in meditazione (1605), Roma, Galleria Nazionale di Arte Antica. Il Santo di Assisi nella cosiddetta Regola non bollata, citando il Vangelo di questa domenica, così si esprime: “E adoriamolo (Dio) con cuore puro, ‘perché bisogna pregare sempre senza stancarsi mai’”. In atteggiamento di contemplazione Francesco è raffigurato da Caravaggio nella tela qui a fianco, vestito con un saio bucato e rattoppato, mentre tiene in mano un teschio, davanti ad un tronco segato su cui posa una croce fatta di due semplici assi.

La luce tramite cui il pittore evidenzia con tonalità rossastre la punta del naso e le orecchie rende l’idea del freddo avvertito da Francesco all’interno di uno spazio buio, che evoca la grotta de La Verna dove il frate dormiva sulla nuda terra. Degno di nota è l’aspetto iconografico del rapporto del Santo con il teschio fissato con sguardo assorto: è un richiamo a meditare su “nostra sorella morte corporale”, come viene chiamata nel Cantico delle Creature, ma nello stesso tempo una ripresa del tema antico del “memento mori” e della “vanitas”, intesi come vacuità e precarietà della vita di fronte all’ineluttabilità della morte.

V.P.

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