Le città che desideriamo, dove rinascono prospettive e speranze
di Luigi Lamma
Tra le ottime e numerose (forse troppe), proposte della decima edizione del Festival della Migrazione che si è svolto nei giorni scorsi tra Modena e provincia, una in particolare ha attirato l’attenzione per l’attualità del tema, che, stando a quanto riporta la cronaca locale, è fonte di accese reazioni tra i cittadini e di vibrante confronto politico: “Il volto plurale delle città, cittadinanza e integrazione, tra sfide ed opportunità”. C’è chi fatica a prendere atto di una realtà, ovvero della “città plurale”, dove convivono diversi cittadini che sono tra di loro differenti per religione, cultura, etnia ma che tuttavia sono chiamati ad osservare le stesse leggi come presupposto di una società che vive in pace. È il principio su cui si fonda la vecchia ma sempre attuale “civitas”. Quando si parla di leggi si intende, ovviamente, l’insieme di diritti e doveri il cui rispetto definisce per tutti l’essere a pieno titolo cittadini. “Rivogliamo la nostra città”: si diffonde questo tam-tam sui social, si convocano mobilitazioni di cittadini che rilevano un senso di abbandono e di scarso controllo dell’ordine pubblico testimoniato da risse e aggressioni nel cuore di città e quartieri.
Esiste ed è reale un tema di sicurezza, frutto spesso di una violenza diffusa specie tra adolescenti e giovani, che va affrontato non sull’onda emotiva della cronaca ma con l’oggettività dei numeri e la conoscenza del territorio: incidenza dei reati, aree di degrado, contesti sociali a rischio, insieme alle effettive risorse che le forze dell’ordine possono mettere in campo. E’ di qualche giorno fa la denuncia di un sindacato di Polizia che proprio su Carpi ha rilevato una carenza degli organici a cui evidentemente occorre rispondere, insieme ad un controllo del territorio che non sia solo repressivo ma propositivo in termini di spazi e opportunità. Non di meno si è chiamati ad allargare lo sguardo oltre il proprio orticello per cogliere tutti gli aspetti di un fenomeno, quello migratorio, di cui si percepisce solo l’ultimo atto. E’ Papa Leone XIV a mettere a fuoco questo punto: “Vorrei accennare al tema della sicurezza. Gli Stati hanno il diritto e il dovere di proteggere i propri confini, ma ciò dovrebbe essere bilanciato dall’obbligo morale di fornire rifugio. Con l’abuso dei migranti vulnerabili, non assistiamo al legittimo esercizio della sovranità nazionale, ma piuttosto a gravi crimini commessi o tollerati dallo Stato. Si stanno adottando misure sempre più disumane – persino politicamente celebrate – per trattare questi ‘indesiderabili’ come se fossero spazzatura e non esseri umani. Il cristianesimo, invece, si riferisce al Dio amore, che ci rende fratelli tutti e ci chiede di vivere da fratelli e sorelle” (discorso all’Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari – 23.10.2025).
Quel “rivogliamo la nostra città” è un’istanza che va ben oltre la richiesta di maggiore sicurezza perché esprime, purtroppo, la pretesa di una “proprietà” che non può essere rivendicata da nessuno, singolo cittadino o gruppo più o meno organizzato. Gli Amministratori e i politici, anche se legittimanti a governare dal voto, non ne diventano proprietari ma sono a servizio della città. La città è per definizione il luogo del “noi”, di un’appartenenza condivisa e consapevole che unisce le sorti degli uni con gli altri, e a tutti spetta la responsabilità della cura, che non è solo questione di decoro e pulizia ma soprattutto cura delle relazioni, attenzione alle realtà più fragili, impegno per uno sviluppo economico ispirato a criteri di giustizia, di equità e di rispetto per l’ambiente. Se possibile con una priorità che dovrebbe ora mobilitare tutti: una città dove si torna a nascere perché se mancano nuove vite, la città si spegne, vengono meno prospettive e speranze. A che serve una città pulita e sicura se non c’è più vita?
Altro tema decisivo per la costruzione della “città che desideriamo”, affrontato dal Papa: “la comunità civile e la comunità ecclesiale devono impegnarsi con costanza per restituire alla maternità la sua piena dignità. A tal fine, occorrono iniziative concrete: politiche che garantiscano condizioni di vita e di lavoro adeguate; iniziative formative e culturali che riconoscano la bellezza del generare insieme; una pastorale che accompagni le donne e gli uomini con prossimità e ascolto. La maternità e la paternità, così custodite, non sono affatto pesi che gravano sulla società, bensì una speranza che la rinsalda e la rinnova”. Se l’alternativa è “riprendersi la città” rialzando mura e fortificazioni allora inevitabilmente si crea il presupposto per vivere nell’insicurezza del conflitto e dello scontro. Riprendiamoci invece le nostre città mettendoci tutti testa e cuore per renderle il posto migliore dove poter nascere e crescere.




