Andremo con gioia alla casa del Signore
Commento al Vangelo di domenica 23 novembre
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Commento
A cura di Padre Pasquale Cormio
Venga il tuo regno
Il vangelo di questa domenica offre una chiave interpretativa della regalità di Cristo e del titolo apposto da Pilato sulla croce: Costui è il re dei Giudei. San Luca descrive la reazione di chi osserva questo “spettacolo”, come lo definisce sant’Agostino, “terribile ed umiliante agli occhi degli empi, ma chi sa guardare con sentimenti di devozione, trova qui un grande sostegno per la sua fede” (Comm. a Giovanni 117, 3).
Sotto la croce diverse sono le reazioni dei presenti: il silenzio del popolo, che cerca di interpretare il senso degli eventi in corso; la derisione dei capi e dei soldati, che sfidano colui che si è presentato come messia a scendere dalla croce; l’insulto di uno dei malfattori crocifissi ai lati di Gesù. Come un ritornello risuona la provocazione: Salva te stesso! Per gli astanti è il momento di fare verità: se Cristo è il messia, deve dare prova del suo potere, perché tutti possano credere in Lui. Si compie la profezia anticipata all’inizio del vangelo nel racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto: Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato (Lc 4, 13). Ecco giunto il momento fissato: la passione e l’agonia sulla croce. Tutti lanciano una sfida diabolica: Cristo deve sfruttare per sé il proprio potere divino di dare e riprendere la vita. In questa agonia, in un momento di lotta così drammatica, Cristo resta fedele al disegno del Padre contro ogni logica di potere: Egli non salva l’uomo in forza della sua onnipotenza, ma con la sua debolezza e sofferenza, fino ad attraversare il lato oscuro del dolore e della morte.
In un quadro così tetro, si leva una voce, quella del secondo malfattore inchiodato sulla croce: rimprovera il compagno condannato, giustamente, alla sua stessa pena e lo invita a ridestare nel cuore, anche se all’ultimo momento, il senso di responsabilità della propria colpa; riconosce l’innocenza di Gesù e l’ingiustizia che sta patendo e prega con una supplica semplice: Ricordati di me… L’evangelista sovverte ogni nostra attesa, presentandoci come modello di discepolo un condannato a morte per i suoi crimini, ma capace di riconoscere la propria colpa e di provare nell’animo il timore di Dio quando viene a trovarsi di fronte all’innocenza e alla santità del Figlio di Dio. Di fronte a Cristo non ha la pretesa di giudicare, ma riconosce solo il proprio peccato.
Sant’Agostino così commenta questo momento di grazia: “Il ladrone crocifisso riconobbe e confessò al Signore. Quella croce è una scuola. Dall’alto di lei il Maestro istruì il malfattore. Il legno del crocifisso è divenuto la cattedra dell’insegnante” (disc. 234, 6). Questa fede il vescovo di Ippona nota di non averla trovata neppure nei discepoli dopo la resurrezione di Cristo: “Fede grande! A tal fede non saprei cosa si possa aggiungere. Vacillarono coloro che avevano veduto Cristo risuscitare i morti; credette colui che lo vedeva pendere dalla croce insieme con lui. Quando i discepoli vacillarono lui credette. Che bel frutto trasse Cristo da quel legno secco!” (disc. 232, 6).
La risposta del Signore inaugura il tempo della salvezza: Oggi con me sarai nel paradiso. La regalità di Cristo è la partecipazione alla sua comunione, alla vita eterna: con me, in unione a me per conoscere il Padre e godere in eterno della vita con Dio e della comunione dei santi. E sant’Agostino prosegue nella sua omelia, immaginando le parole che Cristo in un dialogo intimo possa aver suggerito al ladrone pentito: “Tu hai forzato la porta del regno dei cieli, hai fatto violenza con la tua fede e te lo sei accaparrato. Oggi sarai con me in paradiso. Non rinvio a più tardi la ricompensa, concedo oggi stesso quanto debbo alla tua fede straordinaria” (disc. 232, 6).
Essere con Cristo è l’inizio della vita vera, perché Cristo è il nostro paradiso! Come sant’Ambrogio, vescovo di Milano, ricorda: “La vita è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo, là c’è anche il Regno” (Espos. sul Vg. di Luca 10, 121). Nel momento della sua morte, Cristo non pensa a sé, ma continua ad esercitare il suo dominio regale distribuendo amore e perdono, anche ad un criminale. Egli, buon pastore, si carica sulle spalle la pecorella smarrita e la introduce nel regno della vita.
L’opera d’arte
Jacopo Robusti detto il Tintoretto, Cristo davanti a Pilato (1566-67), Venezia, Scuola grande di San Rocco. “Pilato allora lo interrogò: ‘Sei tu il re dei Giudei?’. Ed egli rispose: ‘Tu lo dici’. (Lc 23,3). La Sala dell’albergo di questa importante istituzione assistenziale fu decorata dal Tintoretto con una serie di “teleri” che raffigurano episodi della Passione di Cristo. Fortemente drammatica l’ambientazione della scena in cui Gesù compare davanti a Pilato, giocata su di un sapiente contrasto tra luci ed ombre.
Il giudice, in vesti rosse, è seduto, mentre si sta lavando le mani, ai suoi piedi il segretario annota diligentemente tutto quanto viene detto, intorno il mormorio della folla. Tutti costoro sono posti nell’ombra, come ad indicarne l’ipocrisia e la malvagità. Al contrario la figura di Cristo, avvolta in un candido mantello, è illuminata in pieno da un folgorante raggio di luce. Ritta in piedi, nella sua solenne verticalità, riesce ad evocare quella regalità che non è “di questo mondo”, di cui Cristo stesso parla rispondendo all’interrogatorio di Pilato nel Vangelo di Giovanni (Gv 18,36).
V.P.




