Lions Club Mirandola, Serata delle Tradizioni
Alla Serata delle Tradizioni, il Lions Club Mirandola ha ospitato i cuochi della Pro Loco di Guiglia, specialisti nella preparazione dei borlenghi
Nel salone delle feste della Polisportiva di Quarantoli il 18 novembre scorso si è svolta la “Serata delle Tradizioni” del Lions Club Mirandola che ha ospitato il gruppo dei cuochi della Pro Loco di Guiglia, specialisti nella preparazione dei borlenghi, un cibo semplice, originario della zona collinare fra Modena e Bologna e che ben rappresenta le tradizioni, non del tutto note, di quella zona, seppur limitrofa alla nostra. Il presidente del Club Enzo Ragazzi, nella sua introduzione al tema della serata, ha ricordato che le tradizioni, dopo il periodo di latenza e chiusura dei decenni scorsi (che le aveva quasi dimenticate), stanno tornando in auge, pur conservando il legame con un loro territorio particolare, per ricorrenze religiose o di costume, o per cibi caratteristici, o per precisi momenti dell’anno. Da una ricerca del socio Elio Cirelli, alla quale il presidente si è riferito, emerge una lista lunghissima di tradizioni che hanno segnato il susseguirsi delle stagioni e la vita delle passate generazioni, specialmente nelle nostre campagne, ma non solo.
Tornando ai borlenghi, mentre questi venivano preparati e cucinati dalle esperte mani degli ospitati guigliesi, Matteo Carbone della Pro Loco di Guiglia ha tracciato la storia di questo cibo povero, che, nato secondo la tradizione nel 1266 durante il lungo assedio del castello di Montevallaro da parte dei guelfi modenesi, permise la sopravvivenza degli assediati, fino alla loro resa, costretti ad alimentarsi solo con grandi ostie sempre più sottili e quasi trasparenti, degradate da cibo al rango di “burla” o “burlengo”, da cui deriva il nome. Il borlengo è una specie di pane, ottenuto dall’impasto di farina con acqua, al quale si possono aggiungere, oltre al sale e a una spruzzata di parmigiano reggiano, lardo e rosmarino (la cosiddetta “cunza”), che viene poi disteso in uno strato molto sottile per essere cotto sul fondo di una padella di 40 cm di diametro, chiamata “sole” (perché ricorda il Sole nella forma). Il difficile sta soprattutto nella stesura dell’impasto molto delicato (il miglior borlengo deve avere uno strato di appena 1 mm di spessore e non deve rompersi durante la cottura). Va mangiato ripiegandolo in quattro su sé stesso. A Guiglia esiste un’apposita scuola che insegna a depositarlo con maestria, mentre la sagra del borlengo, sempre a Guiglia, si tiene a maggio, quando ben 44 padelle sfornano borlenghi in continuazione.
Dopo il racconto sul borlengo, si è passati alla fase pratica, ovvero alla degustazione dello stesso. Il risultato ha riscosso in pieno le aspettative dei presenti, molti dei quali hanno poi confessato di essersi trovati alla loro prima esperienza con questo singolare cibo tradizionale. La cena ha visto, prima dei borlenghi, il servizio ai commensali di deliziose, ma più famigliari, crescentine (o tigelle), cotte su piastra e farcite con salumi, seguite da castagne al forno, frutto di stagione, per eccellenza. Il tutto completato con un’ottima torta “sbrisolona”, di sicura origine mantovana (per onorare il presidente Ragazzi, pure lui, mantovano!). I.P.




