Andiamo
In cammino con la Parola
Pubblicato il Novembre 28, 2025

Andiamo con gioia incontro al Signore

Commento al Vangelo di domenica 30 novembre

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo ».

Commento

A cura di padre Pasquale Cormio

Vegliate!

La liturgia dell’Avvento è un richiamo a vivere il tempo presente nell’attesa vigilante e gioiosa del ritorno ultimo del Signore (parusia, in greco; adventus , in latino). Il Vangelo della prima domenica di Avvento richiama ciascuno di noi a vivere con attenzione, ovvero con una tensione dell’animo che tende-ad, che esce da sé per rivolgersi verso Dio. Tale condizione descrive bene il nostro cammino verso una meta: la cittadinanza del cielo. Solo puntando lo sguardo alla vita eterna, che è in noi e davanti a noi, possiamo comprendere un’espressione dell’apostolo Pietro nella sua Seconda Lettera, relativa all’affrettare i tempi dell’incontro con il Signore: Dato che tutte queste cose dovranno finire in questo modo, quale deve essere la vostra vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio (2Pt 3, 1112). L’apostolo Paolo invita il discepolo Timoteo ad attendere con amore la manifestazione del Signore (2Tm 4, 8). La preghiera liturgica della comunità cristiana esplicita questo amore in tre modalità: “vigilanti nella preghiera, operosi nella carità fraterna ed esultanti nella lode”.

La vigilanza ci preserva una forma particolare di seduzione, che riconosciamo nella distrazione: come gli uomini e le donne del tempo di Noè, di cui ci parla il vangelo di Matteo, anche noi possiamo vivere senza accorgerci di nulla, indifferenti e noncuranti di ciò che, al contrario, va cercato prima di tutto come un bene essenziale: la nostra salvezza. La successione dei verbi all’imperfetto: mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito… descrive una ordinarietà della vita che non lascia spazio al mistero di Dio, ma è contrassegnata da una ripetitività e da un grigiore, che esclude la bellezza della vita spirituale e la novità dell’agire di Dio. L’Avvento è allora il tempo che ci ricorda di attivare una lotta interiore contro lo spirito della noncuranza e dell’indifferenza verso le persone, contro la superficialità nei rapporti, l’inconsapevolezza del peso delle parole, l’incuria del creato, la trascuratezza della vita interiore e la perdita del senso dell’attesa di Dio. La vigilanza operosa consente di prestare cura a chi è al nostro fianco, riconoscendo il valore di ogni persona e di ciascuna relazione. È vigilante chi dichiara che nulla e nessuno gli è estraneo, e rinuncia a dire: “Non mi interessa”. Vigilare sul cuore ci libera dal fardello delle nostre oscurità interiori, delle ipocrisie, e delle seduzioni del mondo.

L’Avvento vuole ridestare la memoria di Dio quale bene assoluto, quale termine dell’inesausto desiderio di felicità che arde nel cuore umano: un Dio atteso ed amato più della stessa vita, un Dio che appaga l’anelito di chi lo cerca, un Dio che si rivela come bene sommo. Commentando il salmo 62, sant’Agostino spiega che ogni cristiano avverte in sé una sete da soddisfare; purtroppo non sempre riesce a comprendere che solo Dio può estinguerla: “Ci sono alcuni che hanno sete, ma non di Dio. E vedete quanti desideri vi sono nel cuore degli uomini: uno desidera l’oro, un altro desidera l’argento, un altro ancora desidera le proprietà, un altro l’eredità, un altro denari in abbondanza… Tutti gli uomini ardono dal desiderio; ma quanto è difficile trovare uno che dica: Di te, Signore, l’anima mia ha avuto sete!”. Con amarezza il predicatore ammette che la gente ha sete più del mondo che di Dio. Ed ecco l’appello accorato che aiuta anche tutti noi a vivere l’inizio e lo svolgersi dell’anno liturgico: “Noi almeno diciamo: Ha avuto sete di te l’anima mia. Diciamolo tutti, poiché, nella concordia di Cristo, tutti siamo una sola anima: un’anima assetata” di Dio nel deserto di questa nostra vita (Comm. al salmo 62, 5). Vegliate!

L’opera d’arte

Giovanni Gerolamo Savoldo, San Matteo e l’angelo (1530-35), New York, Metropolitan Museum. Il nuovo anno liturgico sarà caratterizzato dalla lettura e dalla meditazione del Vangelo secondo Matteo. Una delle opere più affascinanti che raffigurano l’evangelista con il suo più diffuso attributo iconografico, ovvero l’“uomo alato”, è questo dipinto “notturno” di Savoldo, un’ambientazione in cui era maestro il grande pittore bresciano del ‘500. Matteo è seduto alla scrivania, intento a redigere il Vangelo, ne vediamo scritte solo tre righe. Ha le mani rugose e l’aspetto di un uomo comune, non è un intellettuale, ma uno scrivano che necessita dell’aiuto divino. L’apostolo si volta a guardare l’angelo, che sembra essere apparso all’improvviso per dettargli il Vangelo. Lo sguardo che li unisce è intenso, come se fra i due ci fosse la trasmissione di un messaggio ineffabile. Magistrale l’uso della luce: la fonte principale è una piccola lucerna a olio posta sullo scrittoio. L’illuminazione non si limita a evidenziare realisticamente i volumi e i dettagli, ma si moltiplica creando forti contrasti tra luce e ombra, in particolare sulla veste di Matteo.

V.P.

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