Don Carlo Malavasi, 82 anni, sacerdote dal 1967, vive attivamente il suo ministero al servizio della Chiesa
"Uniti nel dono", campagna di comunicazione e raccolta fondi della Conferenza Episcopale Italiana (CEI)
di Virginia Panzani
Da quando, nel novembre 2022, ha salutato la parrocchia del Corpus Domini in Carpi per raggiunti limiti di età, dopo averla retta per quasi trent’anni, don Carlo Malavasi non ha vissuto, per così dire, a riposo, da vero e proprio pensionato. Al contrario il suo ministero presbiterale è proseguito in maniera attiva e vivace. Nel corso dell’Anno Santo 2025, ha organizzato e guidato numerosi pellegrinaggi a Roma. E’ attualmente impegnato come coadiutore nelle parrocchie di Sozzigalli e di Limidi, frazioni di Soliera, come canonico penitenziere in Cattedrale a Carpi e come vicepostulatore della causa di beatificazione della Venerabile carpigiana Albertina Violi Zirondoli. Ha inoltre ripreso con continuità a scrivere per Notizie, di cui fu il secondo direttore, succedendo al professor Romano Pelloni. E proprio, ad aprire il 40° anniversario dalla nascita del settimanale diocesano, ha curato lo scorso 23 novembre, in Cattedrale a Carpi, il Giubileo degli operatori della comunicazione e del Gruppo Pellegrinaggi Giubilari, presieduto dal vescovo Erio Castellucci.
“Dopo il servizio in parrocchia – afferma don Malavasi – sono rimaste immutate le relazioni, molte sono state profonde, con le persone di ieri ed oggi le tante nuove. Sollevato dalla responsabilità di accudire ad edifici e da compiti amministrativi, mi è rimasta l’anima del mio sacerdozio: continuare ad annunciare e, per quanto riesco, a testimoniare che siamo amati immensamente da Dio: Lui non ci chiede nulla in cambio, solo di affidarci”.
Don Carlo, quest’anno lei ha incontrato tante persone attraverso i pellegrinaggi a Roma per il Giubileo. Com’è stata questa esperienza come sacerdote e a livello di rapporti umani?
In questi mesi abbiamo potuto, insieme ad un amico molto esperto di organizzazione ed anche di rapporti umani, raccontare l’amore di Dio per ogni uomo e ogni donna, la Sua infinita misericordia, a trecento persone che hanno già partecipato a questi Giubilei romani e, presto, ad altri ancora. Loro stessi hanno raccontato ad amici che è possibile la gioiosa esperienza di un cammino comune seguendo il desiderio di un rapporto più profondo con Dio. I numeri sono cresciuti così. Vincere la solitudine anche nel credere, a me sembra un’esperienza importante, molto necessaria oggi, vista la disaffezione alle proposte della Chiesa. Le persone ci chiedono altre occasioni per continuare.
Lei sta seguendo l’iter della causa di beatificazione Albertina Violi Zirondoli. In che modo, con quali iniziative si sta adoperando?
Cito solo dei numeri, che però parlano di interesse, di preghiera. Sono stati distribuiti 650 biografie e oltre tremila dépliant con la preghiera di intercessione. Inoltre, 90 persone sono interessate a ricevere ogni settimana una testimonianza fra quelle raccolte nel processo canonico. Molto coinvolgenti sono quelle del figlio di Albertina, il sacerdote don Alfredo. Terminato l’impegno del Giubileo la nostra Venerabile, dopo quanto fatto a Carpi, verrà presentata anche nelle altre parrocchie della Diocesi.
Quale riscontro dai fedeli sta avendo dall’attività di divulgazione sulla figura di Albertina? Lei svolge un ruolo per così dire di responsabilità nell’introdurre le persone alla testimonianza e spiritualità della nostra Venerabile…
Albertina ha fatto un lavoro riservato, dentro una scuola. Le attività in città: la prima scuola per ostetriche professionali, l’avvio dei campi estivi per i ragazzi mentre le mamme si assentavano per fare le mondine, tutto il lavoro nel Cif (Centro italiano femminile) per i poveri, l’accoglienza delle giovani che dal sud migravano a Carpi per il tanto lavoro disponibile, ma il più delle volte illetterate, senza la famiglia vicina, senza conoscere i propri diritti… è stata una testimonianza seminata fra la gente, senza rumore. C’è sorpresa per questa figura di donna che sembra ripresentarsi nuova agli occhi di tanti. Sta venendo molto in rilievo la sua collaborazione con Mamma Nina, il suo sostegno dato all’altra nostra Venerabile carpigiana.
Lei è coadiutore a Sozzigalli e Limidi, la prima unità pastorale che ha vissuto e vive in concreto l’unificazione con la Chiesa di Modena. Quali compiti svolge e come vive a livello personale questo servizio in mezzo alla gente del posto? E con le persone che ricevono da lei il sacramento della Riconciliazione in Cattedrale?
Il mio, in questi due anni è stato solo un entrare in punta di piedi. Ho conosciuto due belle comunità con ricchezze umane e spirituali diverse, ma accomunate, ciascuna, da un gruppo appassionato di collaboratori che sentono propria la custodia della loro comunità. Il primo anno a Sozzigalli ho potuto svolgere la visita e la benedizione delle famiglie; poi in ambedue per due volte la preparazione immediata ai sacramenti della iniziazione cristiana. In realtà il tempo maggiore è dedicato alle confessioni in Cattedrale, esperienza forte perché molto coinvolgente. Anche qui vivo il cuore del mio sacerdozio: vedere in ciascuno Gesù. Ho imparato a ringraziare le persone che si accostano a questo sacramento, divenuto difficile per tanti ma così prezioso e liberante. Avverto che ognuna mi dona qualcosa di prezioso, come lo è ogni nostra ricerca di Dio.
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