Parole e opere per dilatare l’amore di Gesù
Accolitato ai seminaristi Cavazzuti e Lovascio. San Bernardino da Siena uno dei più appassionati predicatori di tutti i tempi
Omelia del Vescovo Erio Castellucci
Giovedì 20 maggio, potendo godere di un’ora in più di “libertà” dal coprifuoco, il vescovo Erio Castellucci ha presieduto la messa solenne, in Cattedrale, in onore del Santo Patrono, alla presenza delle Autorità Civili e Militari, operatori della sanità, delle organizzazioni di volontariato. Numerosi i sacerdoti concelebranti intervenuti anche per unirsi alla gioia del Seminario e della Chiesa di Carpi per il ministero dell’accolitato conferito dal Vescovo ai seminaristi, Francesco Cavazzuti e Davide Lovascio.
Le opere compiute da Gesù sono davvero grandi. È soprattutto il Vangelo di Giovanni a richiamarle, almeno una trentina di volte. Non sono semplicemente i miracoli – o i “segni”, come li chiama l’evangelista – ma è l’intera attività di Gesù a costituire la sua grande opera, anzi la grande opera che il Padre conduce attraverso il Figlio. Come dice lui stesso, davanti alle polemiche dei giudei perché aveva guarito un infermo in giorno di sabato: “le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato” (Gv 5,36).
L’opera di Gesù è dunque la sua vita e la sua missione: comprende lo stile, le parole, i gesti; comprende gli incontri, i segni miracolosi e la preghiera. Il culmine di questa immensa opera, quando finalmente potrà dire che tutto “è compiuto” (cf. Gv 19,30), è la morte di croce, che per Giovanni dà inizio alla Chiesa. È la croce gloriosa, il riscatto dell’amore sulla morte. Ecco la grande opera di Gesù, un amore pieno: le due braccia della croce, verticale e orizzontale, raccolgono le due dimensioni dell’amore, verso il Padre e verso l’uomo: questa è la grande opera del Figlio, il concentrato della sua vita. Una croce che è già risurrezione.
Chi potrebbe competere, in tutta la storia, con il curriculum della vita e delle opere di Gesù? Eppure nel Vangelo di oggi sembra che esistano dei concorrenti, anzi che lui stesso li abbia già dichiarati vincitori: “chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre”. Che cosa vuole dirci con questo paragone? In che senso i credenti in lui, i suoi seguaci, possono superarlo nella grandezza delle opere? Chi può, non dico eguagliare, ma anche solo avvicinarsi alla perfezione dell’amore vissuto da Gesù? Continua a leggere.