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Il Settimanale, Lo sportello di Notizie, Rubriche
Pubblicato il Giugno 30, 2021

Il desiderio di essere (i) migliori

Guido Zaccarelli, consulente d’azienda, interviene su questioni inerenti il vivere quotidiano

di Guido Zaccarelli

 

 

Tutti a questo mondo desiderano essere i migliori, quando potrebbe essere sufficiente essere migliori” L’uomo si pone ogni giorno nella condizione di migliorare la propria condizione personale, professionale e umana come espressione autentica di Essere in relazione alla sua Esistenza. L’essere in quanto uomo proviene dalla terra, da un humus primordiale che gli ha consentito di migliorare la propria situazione personale di individuo, da unico e indivisibile a persona che si pone in relazione con gli altri dove godere il privilegio della condivisione, dell’appartenenza e dell’amicizia, valori etici e morali che stanno alla base di ogni tipo di comunità che si nutre di reciprocità.

Cosa significa essere migliori? Significa cambiare il punto di osservazione della realtà migrando dalla propria condizione di essere che afferma: “Io sono fatto così” con “diventare se stesso” perché il vero valore dell’uomo si determina esaminando in qua- misura, e in che senso, egli è giunto a liberarsi dell’IO. Una citazione di Albert Einstein proietta il nostro pensiero all’interno di una nuova riflessione: come l’uomo può liberarsi dall’IO per migrare verso quella locuzione latina cum del NOI?: dipende da come le persone vivono. Se le osserviamo ancorate al flusso migratorio dove tutti seguono la stessa onda per poter esistere all’interno del “sistema” ed evitare di essere tagliati fuori da ogni singola circostanza, oppure uscire dal gregge e diventare egregi perché l’etimologia latina di egregio ci porta a vedere le persone uscire dal livello medio del gregge, con coraggio, per godere di quel senso di libertà che solo una salda identità è in grado di sostenere.

Essere se stessi significa allontanarsi dai paradigmi che la società impone all’essere di creare un livello medio nel quale esercitare la propria finzione. Pensiamo a coloro che per rimanere nel sistema ripetono ciò che gli altri sostengono senza promuovere nulla di nuovo, nonostante il momento sia propizio, a quelle persone che nel lavoro piegano il capo al loro superiore per fare carriera nella speranza di ritrovarsi un domani nella condizione di ricevere il premio della “subordinazione gerarchica”.

Come possiamo vincere questa sfida? C’è un proverbio biblico che afferma che chi domina se stesso vale più di chi conquista una città. Socrate e Aristotele ci forniscono una chiave di lettura interessante nell’azione di discernimento che coinvolge l’uomo quando la risposta non è in grado da sola di assolvere a tutte le questioni che la domanda pone. I due filosofi entrano nel merito della questione con una parola enkrateia, che deriva dall’aggettivo enkratês il cui significato è di potere dell’uomo su qualche cosa, o su qualcun altro, su tutto ciò che gli appartiene coinvolgendo la dimensione biologica, psichica e spirituale… continua a leggere.

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