«Non mormorate tra voi»
Commento al Vangelo di don Carlo Bellini - Domenica 8 Agosto 2021
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,41-51)
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Commento
Continuiamo questa domenica la lettura del capitolo 6 del vangelo di Giovanni con il discorso di Gesù sul pane di vita. Gesù al culmine del suo discorso aveva rivelato: “io sono il pane di vita”; un’affermazione forte, una pretesa inaudita che suscita la reazione dei presenti. Il testo continua a muoversi sullo sfondo di rimandi all’esodo e della manna.
In particolare qui emerge il mormorare, verbo tipico del lamento del popolo nel deserto e ora attribuito ai giudei nei confronti di Gesù. Dapprima mormorano verso Gesù poi anche tra di loro, in un dibattito forse coinvolgente ma sostanzialmente inconcludente. La mormorazione è una lamentosità scettica che si rifiuta di accogliere una prospettiva nuova, che non riesce ad aprirsi a una soluzione e tanto meno spera un punto di vista innovativo.
La prima motivazione è banale anche se frequente: di Gesù si conosce la famiglia e i parenti, è uno del posto, come può dunque dire di essere venuto dal cielo. Si tratta di una interessante considerazione che distingue ciò che storicamente si sa di Gesù, ciò che il popolo si aspetta da un messia o da un inviato di Dio e come in concreto Gesù si manifesta.
Notiamo che questa situazione non è tanto diverso dalla nostra prospettiva nei confronti di Gesù. Anche noi abbiamo di lui delle conoscenze storiche anche se scarse, delle aspettative personali su come dovrebbe essere un salvatore e un testo evangelico che va letto e interpretato e che ci rivela chi è Gesù. Anche per noi il passaggio decisivo è arrischiare una relazione con Gesù e solo così capire la portata di questo incontro nella nostra vita. Solo da questo punto di osservazione possiamo leggere correttamente il dato storico, le nostre aspettative e il Vangelo.
Gesù aggiunge un’affermazione che a ben vedere complica le cose ed è spiazzante: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato”. Con queste parole toglie di mezzo ogni prospettiva volontaristica. Credere non è un atto volontaristico o una decisione maturata da una elaborazione dottrinale. La fede sgorga in uno scarto rispetto a tutto ciò che è convincente, nasce dall’emergere spiazzante di una reale possibilità di rispondere ad una parola nuova che promette un’abbondanza di vita.
Questa apertura improvvisa, inaudita apre a quella che viene qui chiamata vita eterna. Ecco il nuovo orizzonte all’interno del quale Gesù rilancia la sua affermazione di essere il pane della vita e la vera manna. Ora è possibile che qualcuno capisca e che accolga Gesù come vita per il mondo. Il testo di oggi termina con un accenno ai futuri eventi della morte e resurrezione, che per il lettore di Giovanni di ogni tempo, rimanda ad una lettura eucaristica di questi testi. “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
“La teologia […] appartiene al movimento stesso della fede, che cerca l’intelligenza più profonda dell’autorivelazione di Dio, culminata nel Mistero di Cristo. La prima conseguenza è che nella teologia non si dà solo uno sforzo della ragione per scrutare e conoscere, come nelle scienze sperimentali. Dio non si può ridurre ad oggetto. Egli è Soggetto che si fa conoscere e si manifesta nel rapporto da persona a persona” (Lumen Fidei, n. 36).
“Per ogni spirito che crea (poeta, compositore, matematico, fisico, ecc.) la fonte sconosciuta d’ispirazione è il bene verso cui si volge un desiderio supplice. Ciascuno sa per esperienza continua di ricevere l’ispirazione. Ma alcuni di questi spiriti concepiscono tale fonte come esistente al di sopra dei cieli, altri come esistente al di sotto” (Simone Weil, Quaderni, vol. IV).