Studenti caregiver: perchè i loro diritti non sono riconosciuti?
di Maria Silvia Cabri
Erika Borellini ha 27 anni, occhi vispi e intelligenti, un sorriso contagioso e tanta voglia di vivere. Erika è una caregiver: da otto anni si prende cura della madre Lorenza Tarasconi, colpita da aneurisma celebrale nel 2013. Ma è anche una studentessa universitaria di Ingegneria Elettronica: dopo la triennale, ha vinto la sia battaglia e le è stata consentita l’iscrizione in deroga alla Magistrale, per la quale le mancava un solo punto nel voto di laurea triennale.
Erika cosa significa per lei essere una caregiver?
Parto da un presupposto: tutti potenzialmente possiamo essere/diventare caregiver o malati. Non sapevo di essere una caregiver, fino a quando non mi ci sono trovata “dentro”. Non mi pesa assolutamente quello che faccio per mamma. Ciò che vorrei è che si fosse un maggior riconoscimento del nostro ruolo. A partire dall’Università. Anche per questo ho portato avanti la mia battaglia, perché spero che presto il vuoto normativo venga colmato, per dare sostegno a tutti quegli studenti che, come me, si occupano a tempo pieno della cura di un proprio familiare. Perché, ad esempio, sulla pagina dell’Ateneo c’è il pulsante “disabilità” da cliccare e non quello di “caregiver”? Le istituzioni devono venirconfrontiamo. incontro.
Come si svolge ora la sua vita?
«La priorità è sempre la mamma. Per il resto è tutto abbastanza ‘normale’, mi divido tra casa, a Rovereto, e Carpi dove mio padre Stefano, perito elettrotecnico, ha il suo ufficio di progettazione. Lavoro un po’ da lui e soprattutto studio proprio sulla scrivania che era di mia madre quando era sua impiegata. Mi reputo fortunata perché ho sempre incontrato persone comprensive, non ottuse… continua a leggere.
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