Narrare
Attualità, Chiesa, Il Settimanale
Pubblicato il Gennaio 27, 2022

Narrare è un atto creativo

Il cammino sinodale invita ad assumere uno stile narrativo per comunicare l’esperienza di fede perché “per opera dello Spirito Santo ogni storia, anche quella più dimenticata può diventare ispirata, può rinascere come capolavoro, diventando un’appendice di Vangelo”.

di Brunetto Salvarani

 

Il Papa visita la sinagoga di Roma (2016). ph Siciliani Gennari – SIR

 

C’è una storia raccolta da Jirí Langer, ebreo praghese amico di Kafka, contenuta nel volume Le nove porte: “In una yeshivà (la scuola talmudica) un giovane allievo, un po’ sprovveduto e proveniente da lontano, sin dai primi giorni di insegnamento si segnala per una strana caratteristica. Non appena il maestro, volendo introdurre la lettura della Torah, pronuncia le parole: ‘E Dio disse’ (il ritornello del primo capitolo di Genesi), egli si mette a danzare e, correndo vorticosamente su e giù nel cortile della scuola, non smette di ripetere come un folle: ‘E Dio disse’, ‘E Dio disse’. In tal modo non riesce che a seguire pochi attimi della lezione. Eppure questo gli è sufficiente”. “E Dio disse”!

L’ingenuo studente aveva colto, in realtà, il senso profondo di quelle tre parole, che racchiudono l’evangelo più stupefacente mai udito dal cosmo: YHWH parla, e il suo narrare è meravigliosamente creativo. Attraverso la sua parola Egli crea, e fa buono (e bello, secondo l’originale ebraico tov) tutto ciò che plasma. Tuttavia l’agire di YHWH si concretizza tramite un racconto, ancor prima che con un gesto. Inoltre, non è creativo solo di un mondo: è creativo di un popolo, quello che diverrà Israele quando, ai piedi del Sinai, non vide immagine alcuna, e “vi era soltanto una voce” (Dt 4,12).

Quel ragazzo della yeshivà aveva intuito che il compito dell’uomo è fare memoria delle meraviglie di Dio, raccontando a sua volta che YHWH ci ha parlato. Ha scritto papa Francesco nel messaggio firmato per la cinquantaquattresima giornata delle comunicazioni sociali (2020), intitolato “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2)…continua a leggere oppure abbonati qui.

La memoria della deportazione
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