Sanità. Il calore di una carezza attenua le distanze
Rassicurazione, contatto costante con i familiari e accudimento dei pazienti, oltre gli aspetti medici. Lorella Rossetti, Medicina Interna: “Restituire un volto umano alle cure”.
di Maria Silvia Cabri
Lorella Rossetti, foto d’archivio
In questi lunghi mesi di emergenza sanitaria ci siamo “abituati” a sentire quotidianamente termini come terapia intensiva, intubazione, casco, e abbiamo visto immagini dei reparti e dei numerosi macchinari che permettono di tenere in vita i pazienti. C’è però un lato umano da enfatizzare: l’impegno quotidiano con i pazienti di medici e infermieri per sopperire alla mancanza del contatto e delle visite dei parenti. Se nella prima ondata pandemica, che ha travolto l’Italia da febbraio 2020, si affrontava una malattia ignota e si era concentrati quasi esclusivamente sulla parte clinica, oggi, definiti i protocolli terapeutici, si può prestare maggiore attenzione all’umanizzazione delle cure, per sopperire il più possibile la distanza tra il paziente e i suoi cari e restituire un volto umano alle cure. Sul punto interviene Lorella Rossetti, coordinatrice infermieristica della Medicina Interna all’ospedale Ramazzini di Carpi.
Come state vivendo l’emergenza sanitaria legata al Covid in reparto?
La situazione lavorativa, da quando è iniziata l’emergenza sanitaria legata al covid, è vissuta sia a livello personale che oggettivamente con notevoli difficoltà. La stanchezza fisica ed emotiva del personale, provato da due anni di pandemia, è ancora più evidente. Sicuramente i problemi nel reclutamento del personale sanitario (medici, infermieri e OSS), che già erano già presenti prima del Covid, sono stati molto acuiti dalla pandemia.