Contemplando la Passione al Museo
Alla scoperta delle opere esposte in Sant’Ignazio che richiamano il tempo di Quaresima: il reliquiario e le “paci” /1
di Andrea Beltrami
La Quaresima che stiamo cominciando ci permette di vivere un’esperienza di fede e di preparazione al grande giorno della Risurrezione. Come abbiamo fatto per l’Avvento, anche in occasione di questo tempo forte, proponiamo alcune opere d’arte esposte al Museo diocesano “Cardinale Rodolfo Pio di Savoia” a testimonianza di come nelle nostre chiese la Pasqua di Gesù fosse particolarmente sentita e rappresentata in varie forme. In questa prima puntata ci occupiamo di due oggetti in particolare.
Il primo è il reliquiario della Santa Croce, o stauroteca, donato nel 1741 dal canonico Andrea Leoni, personaggio noto per essere stato un benefattore della chiesa carpigiana, alla Collegiata di Carpi. Le cronache dicono che, ancora vivente, Leoni donò il prezioso reliquiario in argento contenente un frammento della Santa Croce, unitamente a quelli, tuttora conservati nel tesoro del Duomo, della “Cuna di Nostro Signore Gesù Cristo”, ed altri di dimensioni minori, sempre in lamina d’argento.
A questa dotazione il nostro volle aggiungere altri reliquiari in legno che furono fatti dorare a spese del capitolo della Collegiata. La stauroteca è certamente un’opera degna di menzione poiché volutamente concepita come un “catechismo visivo” del Venerdì santo. Vi sono raffigurati i simboli della Passione, ma anche gli oggetti che ad essa si legano: ecco allora i dadi, la spugna, il gallo, la scala, il velo della Veronica, il catino. Il tutto inserito in un grande reliquiario di bottega bolognese, a forma di croce, con base a volute fogliate, fusto sagomato con foglie e volute, terminante con la scritta “INRI”.
Nella teca di cristallo di Rocca è inserito il frammento della Croce, sigillato sul retro; sempre nella parte retrostante dell’opera compare la data e il nome del donatore: “Andrea Can.us Leoni donavit anno 1741”. I reliquiari erano destinati al culto pubblico della Coldici legiata tuttavia ricordiamo che all’epoca del canonico Leoni l’altare delle reliquie non era quello attuale, che è opera in legno di Carlo Lugli, eseguita nel 1775 e ridipinta un secolo più tardi da Lelio Rossi in occasione dei grandi lavori pittorici della Cattedrale.
L’altra opera che prendiamo in considerazione, anche se il suo uso è oggi decaduto, è la Pace ossia una tavoletta eucaristica decorata sulla parte frontale con una scena sacra, che veniva baciata dal sacerdote celebrante durante la messa e veniva poi offerta al bacio dei fedeli. Era infatti chiamata “osculum pacis” o “tabella pacis” ed il suo uso è testimoniato già dal XIII secolo in sostituzione del “bacio della pace” che avveniva prima della comunione. La forma delle Paci variava da quella ovale a quella rettangolare, con una piccola base e sul retro una piccola impugnatura che le permetteva di essere sollevata ma anche di rimanere diritta una volta appoggiata su un piano assolvendo così anche la funzione di altarolo portatile. A seconda della preziosità del materiale troviamo oggetti in oro, argento, bronzo, avorio, vetro, realizzate con diverse tecniche decorative.
Al centro vi era raffigurata la Pietà, una Deposizione, un Compianto, ma anche un Cristo in cui rifulge la sua sovranità durante la Passione, come si può notare nell’esemplare ottocentesco proveniente dalla Cattedrale di Carpi. Più antiche sono le altre due Paci provenienti dalla parrocchiale di san Possidonio, in metallo argentato del secolo XVII. (1 – continua)