Luoghi e immagini per conoscere la storia e vivere il presente
Gli interventi del presidente della Fondazione Fossoli Castagnetti e del vescovo Castellucci.
Don Zeno, terzo santo di Fossoli
di Pierluigi Castagnetti, presidente Fondazione Fossoli
Quest’anno siamo lieti di aver partecipato come Fondazione Fossoli con due mostre alle attività del Festivalfilosofia: una è allestita presso l’ex Sinagoga (sede della Fondazione) e questa, qui al Campo, che ha oggettivamente una sua autonomia, ha una valenza in sé, tant’è che ci interessa proporla anche in seguito. Si tratta in realtà di due mostre che si integrano, fanno sinergia e raccontano la parte bella della storia del Campo di Fossoli, perché il Campo di Fossoli ha una parte che è la parte più penosa, quella della sofferenza e poi c’è la parte della ripresa, della resurrezione, della vita. Qui sono esposte delle foto straordinarie perché è tutto nato qui e la valorizzazione dell’esperienza di Nomadelfi a la possiamo pensare oggi in un tempo in cui finalmente si sono superate le incomprensioni assurde che crearono le note difficoltà della fine degli anni ’40.
Come credente penso che don Zeno sia il terzo santo che noi abbiamo a Fossoli, due sono stati già riconosciuti dalla Chiesa, Teresio Olivelli e Odoardo Focherini, e poi c’è don Zeno, che ancora non è stato riconosciuto ma io sottolineo ancora, perché comunque, per quel po’ di cultura religiosa che ho, santo lo è sicuramente. Secondo me ha proprio le caratteristiche di un uomo che ha creduto moltissimo, solo un uomo di una fede che abbatte le montagne può avere pensato ad un’impresa di questo genere, enorme. Le immagini e i documenti video dell’epoca rendono anche lo spirito con cui in quegli anni è cominciata questa comunità. Pur sapendo cosa è stato questo luogo terribile, un campo di raccolta, di concentramento anche se non di sterminio, però qui sono stati giustiziati sessantasette detenuti politici, noi possiamo avere solo una pallida percezione di cosa abbia potuto significare questa irruzione di speranza, di fede, di virtù, di gioia, di vita: un avvenimento veramente unico.
Siamo grati ai Nomadelfi, legittimi eredi a tutti gli effetti, direi sostanzialmente, perché continuate questa esperienza e ci consentite di ricordare anche la parte positiva del Campo di Fossoli. Spero che queste due mostre, veramente importanti e belle, possano essere visidimostrazione tate da tante persone, da qui possano nascere idee, nuove iniziative o anche solo delle curiosità. Ormai ci si allontana sempre più da queste esperienze che vengono consegnate alla storia. Però questa è un’esperienza che continua a vivere oggi, continua a parlare oggi a chi è disposto ad ascoltarla. Rinnovo la nostra gratitudine come Fondazione Fossoli a voi per quello che i vostri padri sono stati e per quello che siete voi oggi testimoni di Nomadelfia.
Custodi del creato e del fratello
di Erio Castellucci, vescovo di Carpi
Vado con il pensiero a poco più di un anno fa, quando, in questo luogo abbiamo vissuto un momento credo molto importante della storia del Campo di Fossoli, cioè l’incontro con David Sassoli e Ursula von der Leyen, portatori di messaggi molto profondi che parlavano proprio di fraternità, a fronte di violenze, di esclusioni, di guerre che purtroppo attraversano ancora l’Europa e il pianeta. Non sapevamo allora che sarebbe stato per il presidente David Sassoli quasi il suo testamento spirituale.
Il Campo di Fossoli è sempre un luogo che parla, quando si può girare tra le baracche, quando si possono vedere in silenzio i segni di una realtà che è stata abitata. Ci parla proprio della possibilità di una metamorfosi che consente di trasformare un luogo che ha vissuto secondo la “legge della giungla” in un luogo che vive secondo la “legge della fraternità”. Credo che Nomadelfia, in questa chiave di lettura, sia ancora un segno che parla, si rivolge al di fuori, non è una realtà centripeta: voi che oggi l’abitate e l’avete scelta come vocazione non presumete che la vostra comunità sia esemplare, una specie di nido protetto, ma testimoniate di essere una comunità che indica a tutti la via della fraternità.
Siete una comunità che parla all’esterno della possibilità reale di trasformazione nei nostri rapporti: da rapporti basati sulla “legge della giungla” a rapporti basati sulla fraternità cioè sull’accoglienza, sul rispetto, sulla custodia reciproca. Concludo pensando a come, sulle orme di San Francesco, Papa Francesco abbia allargato progressivamente la idea della fraternità dalla custodia reciproca – “sono forse io il custode di mio fratello?” – alla custodia del creato – “Dio affidò il giardino ad Adamo perché lo coltivasse e lo custodisse” – e queste sono proprio le due dimensioni della custodia, la fraternità umana sociale e la fraternità ambientale, e credo che questo sia un seme che voi state facendo germogliare e che diventa testimonianza per tutti.
Il video integrale dell’inaugurazione